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Quanto è attrattiva l'Università italiana per gli stranieri?Zero,tra concorsi truccati e nepotismo


Secondo i dati del Miur pubblicati in un articolo del "Sole24Ore", dall’estero proviene solo il 2,3% sul totale dei docenti universitari (ancora meno, l'1,5% negli atenei statali). I numeri sulla bassa attrazione della nostra Università sono impietosi: in Italia – secondo i dati Miur – in tutti i settori scientifici ci sono solo 99 docenti ordinari stranieri e 198 associati che provengono dall’estero. A cui si aggiungono circa 1.300 docenti stranieri a contratto. In pratica meno del 3% di chi insegna in Italia viene da un altro Paese. Numeri che sono in linea con la bassissima presenza di studenti stranieri, meno del 5% di tutti gli iscritti.

Ma più che i numeri è bene riportare fatti reali, vicende vissute, storie di persone in carne ed ossa. Facciamo un esempio, ma si potrebbero moltiplicare.

L'anno scorso "Repubblica" riportava un articolo dal titolo "Careggi vuole l'oncologo Giaccone". Il professore Giaccone, medico e docente di fama internazionale, si è laureato a Torino e dopo aver lavorato all'istituto di oncologia si è trasferito ad Amsterdam, dove è rimasto quasi vent'anni, poi per altri dieci è stato negli Usa. Insomma una carriera universitaria e medica la sua davvero al top, firmando decine di studi importantissimi, sviluppando trial clinici sia in America che in Europa, guidando, tra le altre cose, l'oncologia medica del National Cancer Institute, l'agenzia governativa per la ricerca contro il cancro.

Un italiano paragonabile ad un importante straniero, per aver vissuto gran parte della sua vita lavorativa appunto all'estero, per essersi formato in un clima diverso. In effetti, circa due mesi fa, Giaccone è rientrato in Italia con formula universitaria della chiamata diretta, puntando su Careggi, con l'ambizioso progetto di costruire un centro oncologico di livello internazionale. Aveva deciso di aprirsi a questa esperienza, proprio come avrebbe potuto fare un docente straniero di chiara fama. Ma cosa è successo dopo? Il prosieguo della sua vicenda rappresenta la dimostrazione della difficoltà di poter lavorare e insegnare in Italia dopo aver avuto importanti esperienze all'estero, o magari provenendo direttamente dall'estero. Giaccone infatti pare abbia deciso, dopo appena due mesi, di fare marcia indietro rispetto alla sua decisione, come riporta un articolo di qualche giorno fa su "La Nazione" dal titolo "Me ne vado. Il super oncologo fa le valigie".

Questo è solo un esempio, ma la questione del ritardo nell'internazionalizzazione può essere riproposta in altri settori scientifici e in altri ambiti disciplinari di un qualunque ateneo italiano. E i numeri parlano chiaramente senza bisogno di stare a scomodare altro.

La motivazione di questa mancata attrazione da parte dell'Università italiana verso gli stranieri, o verso chi dopo esperienze all'estero voglia poi tornare, non può essere certo dovuta al nostro Paese in quanto tale ma piuttosto ai meccanismi e al tipo di atmosfera che si respira, quotidianamente, nelle aule, nei corridori, negli studi, negli uffici, nei reparti ospedalieri, e negli atenei italiani. La regola è quella di luoghi chiusi dove tutto è deciso da poche persone, sempre le stesse, in ogni singolo ateneo, dipartimento, reparto. L'Asn (abilitazione scientifica nazionale) è stata usata spesso come regolamento di conti per promuovere docenti ai concorsi locali, come dimostrano le indagini della procura di Firenze sul settore di Diritto tributario, e ora, più recentemente, sul settore di Medicina. La competitività reale fondata sul merito è ridotta al minimo. Poche persone che comandano, che decidono come gestire i fondi, che decidono chi deve vincere ai concorsi, che decidono tutto insomma. Alla faccia della trasparenza e della legalità. Questa è una problematica decisiva per la credibilità dell'Università e quindi di chi forma la classe dirigente di un Paese intero, che noi di "Trasparenza e merito" ci siamo intestati come una sorta di missione per l'Università che vogliamo, per cambiare gli atenei del futuro.

La spiegazione di questa mancanza di credibilità che porta alla bassissima presenza straniera nell'Università italiana è abbozzata bene da due articoli, uno pubblicato sul "Corriere della Sera" nel 2017 e un altro pubblicato su "Repubblica" nel 2018.

Il primo si intitola emblematicamente "Primi per nepotismo» Il (triste) record degli atenei italiani" e fornisce una mappa, non proprio edificante, che mostra come nelle università italiane il nepotismo sia un fenomeno più marcato rispetto ai nostri dirimpettai francesi o agli Stati Uniti.

Il secondo intitolato "Concorsi su misura, le università ignorano le sentenze che ordinano di rifarli daccapo" dà conto dell'aumento esponenziale del contenzioso nelle università italiane (confermato dai numeri , il 42% in più dei ricorsi in ambito universitario), come segnala l’Autorità nazionale anti-corruzione, e come confermano le sentenze accolte nei Tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato, a dimostrazione di un uso distorto dei concorsi pubblici da parte delle commissioni.

Il quadro tratteggiato è davvero allarmante: viene da chiedersi infatti per quale ragione, in un contesto del genere, i docenti stranieri dovrebbero mai decidere di venire a insegnare e portare il proprio bagaglio culturale e curriculum scientifico proprio nel nostro Paese.

Come ben capite, l'internazionalizzazione e l'interscambio tra docenti stranieri di chiara fama e università italiane, in un processo virtuoso di contaminazione, rappresentano elementi decisivi per una prospettiva futura di più ampio respiro, in termini di vantaggi economici, qualità dei servizi e dei corsi universitari, investimenti in talento e merito per gli studenti. Ma finché la base della virtuosità del sistema universitario , cioè a dire la selezione e il reclutamento degli stessi docenti, si fonda su procedure tutt'altro che trasparenti e molto spesso totalmente illegali, la credibilità per un salto di qualità di questo tipo è pari allo zero.


Leggi l'articolo del "Sole24Ore"

Leggi l'articolo di "Repubblica" del 25 giugno 2017

Leggi l'articolo cartaceo de "La Nazione" del 21 febbraio 2019

Leggi l'articolo del "Corriere della Sera" del 4 luglio 2017

Leggi l'articolo di "Repubblica" del 7 maggio 2018




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