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"Polizia e Democrazia": Merito e trasparenza nelle università? Chimere. Intervista a Scirè

Aggiornamento: 8 apr 2022

La lunga intervista (di ben 7 pagine) a Giambattista Scirè, pubblicata nel mensile giornalistico delle forze dell’ordine "Polizia e Democrazia" (n. 213 del febbraio-marzo 2022), la storica rivista che dal 1976 si occupa di problemi di attualità e informazioni sull’ordine e sulla giustizia, a cura di Michele Turazza.

L’articolo, molto duro nei toni e significativo nei contenuti, si intitola Merito e trasparenza nelle università? Chimere. Lo storico e docente, amministratore e responsabile scientifico di Trasparenza e Merito parla dell'associazione, del libro Mala università, dei concorsi truccati, dei vincitori predestinati, dei bandi ad personam, di università che si credono al di sopra della legge e di studiosi penalizzati e mobbizzati oppure costretti a fuggire all’estero per fare ricerca, e delle ricette per il cambiamento.


(Incipit) «Nella società odierna – si legge nel prologo di “Mala Università” di Giambattista Scirè – un candidato che si presenti a un concorso universitario da solo, cioè puntando sui propri titoli e sulle proprie pubblicazioni scientifiche, senza la protezione di un “padrino”, è un temerario, perché si accinge a mettersi contro e a combattere non il candidato predestinato, cioè il vincitore prescelto, e nemmeno l’avversione della commissione che ha già deciso l’esito, ma l’intero potere dell’università intesa come “sistema”». Un sistema che espelle regolarmente chi non si adegua, chi non si piega alle sue logiche del nepotismo e dell’illegalità. A farne le spese, ricercatori e docenti onesti che vorrebbero poter contare soltanto sul proprio curriculum scientifico e non sull’appoggio di questo o quell’altro “chiarissimo”; vorrebbero poter vincere concorsi senza “indebitarsi” a vita col “Maestro” o col “Magnifico Rettore” di turno. Un sistema perverso che nella maggioranza dei casi premia la fedeltà e non le capacità, in “cooptazioni” o “investiture” soltanto formalmente travestite da concorsi pubblici.

Giambattista Scirè, ricercatore di Storia contemporanea, partendo dalla sua vicenda, ricostruisce le dinamiche di questi meccanismi che ammorbano non solo le università italiane ma anche gli ambienti sociali, culturali, economici e politici in cui sono inserite. Sì, perché i “chiarissimi” (è questo l’appellativo risalente alla tarda antichità, ancora in uso per i professori universitari) ricoprono posti chiave ovunque ci siano soldi e potere da gestire, dalla politica all’economia. Godono di privilegi e sfuggono a ogni tipo di controllo, agendo esattamente al contrario rispetto alle regole che loro stessi si danno in appositi “Codici etici” traboccanti di nobili principi (rispetto, responsabilità, merito, integrità, impegno, trasparenza) puntualmente calpestati.

La coraggiosa inchiesta di Scirè dimostra, dati e sentenze alla mano, quanto sia diffusa la metastasi che rende il mondo accademico autoreferenziale, omertoso, vendicativo e chiuso; quali e quante ferite possa infliggere a chiunque tenti di opporsi, in nome del merito e della trasparenza. Un libro necessario, che dà voce a chi ci ha provato e si impegna quotidianamente, col proprio lavoro, a restituire dignità alle istituzioni universitarie.


Leggi l'intervista integrale nel pdf della rivista "Polizia e Democrazia" del febbraio-marzo 2022



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