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Nei guai il barone di ingegneria: "Ci sono delle usanze che sono un po' sbagliate ma ci sono"

“Concorso pilotato” in ateneo, nei guai il barone di Ingegneria. La procura di Roma ha chiesto il processo per il direttore del Dipartimento di Ingegneria elettronica di Tor Vergata, accusato di "aver pilotato la selezione" (già annullata dal Tar del Lazio). Un ricercatore disse al ricercatore scartato: "Ci sono delle usanze che sono un po' sbagliate, ma ci sono". L'articolo di Alessandro Mantovani sul Fatto quotidiano.


Alcuni passi dell'articolo:

"Tutto comincia con una telefonata, qualche giorno prima del concorso. Lo chiama un ricercatore, gli dice che “ci sono delle usanze che sono un po’ sbagliate ma ci sono” e gli suggerisce un incontro con il professore, Giancarlo Cardarilli, allora “solo” ordinario e oggi anche direttore del Dipartimento di Ingegneria elettronica di Tor Vergata, la seconda università pubblica di Roma. Salvatore Pontarelli ci va. Il ricercatore e il professore gli fanno intendere che il concorso, un concorso per un incarico triennale da ricercatore, è meglio che lo vinca un altro: “Il tipo di figura che ci serve è quella”, dice il prof riferendosi a un valido ingegnere, coautore di varie pubblicazioni proprio con lui, che da anni lo aveva delegato senza formalità a tenere esercitazioni al posto suo, almeno finché non è finito, dice in un’intercettazione, “sotto controllo”. Altrimenti, spiega a Pontarelli l’ordinario, c’è il rischio di “contraccolpi pesanti su tutto il gruppo”. Però, gli dice, forse in futuro ci sarà “un altro posto di informatica”, cioè un altro concorso che poi invece non sarà bandito. Pontarelli si presenta lo stesso. La commissione, formata da docenti indicati dal Dipartimento, assegna il posto a Luca Di Nunzio per poco più di mezzo punto su 100, con valutazioni all’apparenza incoerenti che convincono il Tar del Lazio a sospendere e poi ad annullare tutto. Dal verbale si evince che la commissione ha impiegato un’ora e 40 minuti per visionare i due curricula e 24 pubblicazioni, nonché per stendere i giudizi. La commissione ripete la procedura come ordinato dal Tar e prevale ancora Di Nunzio, per quanto Pontarelli vanti un maggior numero di pubblicazioni e per lo più su riviste riconosciute a livello internazionale, abbia coordinato più progetti di ricerca, abbia lavorato all’estero per 16 mesi contro i 20 giorni del vincitore e detenga 11 brevetti che l’altro non ha. Sulla vicenda, che risale al novembre 2019, deve pronunciarsi il Consiglio di Stato. Sono cose frequenti nelle nostre università, dove studiosi di valore a 40 e passa anni si contendono incarichi a termine da poco più di 1.800 euro lordi al mese. Stavolta però il candidato che si ritiene penalizzato ha registrato tutto e, oltre al ricorso al Tar, ha fatto una denuncia in Procura. Il pm di Roma Gennaro Varone ha chiuso le indagini, affidate alla squadra mobile, e ha chiesto il rinvio a giudizio del professor Cardarilli, accusato di tentata induzione a dare o promettere utilità, la concussione soft della legge Severino, ai danni di Pontarelli. Il quale, nel frattempo, ha vinto un concorso analogo nel più quotato Dipartimento di Informatica de La Sapienza, a riprova di come i titoli non gli mancassero. L’udienza preliminare è a gennaio (...) Cardarilli davanti al pm ha negato qualsiasi pressione e anche di poter influenzare la commissione; per lui quel concorso era incentrato su materie di cui Pontarelli sapeva poco e Di Nunzio di più. I bandi, del resto, li fa l’università. E sull’illegittimità dei bandi troppo su misura c’è un’ampia giurisprudenza. Il professore, contattato dal Fatto, ha preferito non rispondere: “Ho tantissimi impegni e mi risulta veramente difficile trovare uno ‘slot’ temporale adeguato”, ci ha scritto.

Nel caso degli ingegneri elettronici c’è di tutto. Dalle intercettazioni in cui il ricorrente poco incline alle “usanze” universitarie viene ironicamente chiamato “Gesù Cristo” al tema dei discussi indici bibliometrici e del presunto doping citazionale. La commissione ha confrontato gli articoli di Di Nunzio apparsi in gran parte sull’indonesiano “International Journal on Advanced Science, Engineering and Information Technology”, accreditato anche per il settore agricoltura e con tanto di tariffa per le pubblicazioni, valide ai fini dell’h-index di Scopus ma non dell’impact factor di Thomson Reuters, con quelli di Pontarelli su riviste riconosciute dalla Ieee, Institute of Electrical and Electronics Engineers, l’associazione internazionale del settore; così il secondo prevale ma di poco e la differenza, secondo i suoi legali, crescerebbe eliminando le autocitazioni e le citazioni di colleghi di Tor Vergata. Anche Di Nunzio preferisce tacere: “Si paga anche su altre riviste – ci ha risposto -, francese o indonesiana cosa cambia? Il professore non poteva affatto aiutarmi, lasciamo che la giustizia faccia il suo lavoro, non rilascio dichiarazioni”. E ancora, in alcune intercettazioni i professori di Tor Vergata sembrano accordarsi in vista di futuri concorsi. L’inchiesta penale però si è limitata al presunto tentativo di Cardarilli di ottenere il ritiro di Pontarelli, gli atti depositati dal pm non entrano neppure nel merito delle valutazioni della commissione, censurate in primo grado dal Tar. Peccato, sarebbe stata un’occasione per discutere in un’aula di giustizia della distanza tra le regole e la realtà di molti, troppi concorsi universitari, in cui tutto dipende dalla differenza tra “ottimo” o “più che buono” o da un “talvolta” infilato nei giudizi, che può valere 1,5 punti quando la differenza finale è 0,59. Sul tema si sono riaccesi i riflettori anche grazie alle numerose vicende giudiziarie e ad associazioni come Trasparenza e merito (...)".


Leggi l'articolo integrale sul Fatto quotidiano del 9 dicembre 2021



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