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Lo strano caso dell'Università Ca’ Foscari di Venezia: il regolamento e gli incarichi interni

"Trasparenza e Merito" ha acceso i riflettori sui tantissimi casi di abusi e illeciti nei concorsi universitari. Come piccole tessere di un mosaico, quello che viene a comporsi è un quadro deprimente, sconfortante della attuale realtà accademica italiana, fatto di soprusi, connivenze, interessi privati e spregio delle più elementari norme che regolano l’impiego pubblico e, più in generale, l’uso delle risorse finanziarie e umane.

Un tema che sinora non abbiamo ancora direttamente trattato è come alcuni atenei si siano dotati di norme interne, nel regolamento, il cui effetto è rendere più agevole la manipolazione dei concorsi.

Il caso che vogliamo trattare oggi, come esempio emblematico ma probabilmente non affatto l’unico, è quello del regolamento dell'Università Ca’ Foscari di Venezia.

La questione riguarda la possibilità, offerta da un regime transitorio previsto all’epoca in cui fu introdotto il sistema della Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), di provvedere direttamente con promozioni interne (ad esempio, da Professore Associato a Professore Ordinario) per docenti in possesso di ASN al grado superiore. Le Università si sono allora dotate di regolamenti per la selezione dei candidati, selezione peraltro spesso superflua per la presenza di un solo pretendente. In moltissimi casi, diffusi negli atenei di ogni parte d'Italia, si predispone un bando "profilato" al quale partecipa un solo candidato: quello che deve vincere.

Quando i pretendenti sono almeno due, di cui uno superiore per meriti di ricerca e reputazione internazionale, ma l’altro preferito dal gruppo di docenti (che potremmo benissimo definire "cricca") che controlla il Dipartimento, allora è lì che possono sorgere i problemi e che l'ateneo deve "correre ai ripari".

Per la promozione da Associato ad Ordinario, Ca’ Foscari prevede un sistema di punteggi in cui vengono valutati, con pesi quasi identici, la didattica, la ricerca e gli incarichi in ateneo. Stendiamo un velo pietoso sul modo raffazzonato, distorto ed impreciso, con il quale viene valutata la didattica. Magari sarà oggetto, a breve, di uno specifico comunicato di approfondimento. Concentriamoci, invece, per il momento, sulla spinosa questione degli incarichi interni o anche compiti organizzativi.

La ratio che giustifica la valutazione degli incarichi è il discutibile assunto che, per diventare Ordinario, devi aver dimostrato soprattutto capacità manageriali. Poco importa se queste capacità sono valutate da un collegio di commissari che non hanno alcun titolo per farlo (tre filosofi, tre archeologi, tre linguisti, …). Poco importa se si considerano solo incarichi all’interno dell’Ateneo, dimenticando esperienze in altre istituzioni o magari nel coordinamento di un consorzio europeo.

A questo punto, un lettore smaliziato avrà già capito come funziona l’inghippo. Per tutti gli altri, facciamo un esempio. Qualsiasi riferimento a fatti e persone concrete è puramente voluto.

Supponiamo che ci siano due candidati: A (debole, ma che deve vincere), B (superiore ma inviso alla "cricca"). Per semplicità ipotizziamo che A e B siano più o meno allineati per quanto riguarda la didattica.

Sulla ricerca non c’è gara. B ha il quadruplo di pubblicazioni ed esperienza internazionale da vendere. In passato i commissari non andavano per il sottile, potevano valutare la qualità della ricerca in maniera del tutto discrezionale. Adesso gli atenei hanno deciso di andare più cauti. Non si può dire che B non sia migliore di A, altrimenti il concorso rischia di essere invalidato, come si è potuto notare in diverse recenti sentenze della giustizia amministrativa. Sarà sufficiente affermare, dunque, che “B non è così tanto migliore di A”. E come si fa?

Arriviamo così al tema caldo del nostro comunicato: gli incarichi.

B è stato individuato qualche anno prima, in sede di programmazione pluriennale delle assunzioni. Dopo l’individuazione, il vassallo ha ricevuto una serie di incarichi, calati dall’alto dalla "cupola" del Dipartimento, o magari dallo stesso Rettorato.

Che succede se anche A dovesse avere qualche incarico? Beh, poco male. Le pubblicazioni si possono contare, ed anche pesare con criteri bibliometrici. Ma per gli incarichi, come ci si comporta? Vale di più il ruolo di coordinatore dipartimentale della ricerca o quello di curatore della serie di working papers?

Insomma, la discrezionalità assoluta dei commissari, uscita dalla porta, rientra dalla finestra. Basterà quindi attribuire ad A un vantaggio sugli incarichi che neutralizzi e ribalti la valutazione che si è fatta per la ricerca scientifica.

Et voilà: la manipolazione perfetta è servita!

Anche in casi come questi sono iniziati a partire i primi ricorsi alla giustizia amministrativa, dei quali si attende l'esito. Ne riparleremo presto.

Leggi il Regolamento dell'Università di Venezia per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia 2018




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