Non ci sembra che il Rettore Pierpaolo Limone abbia fornito risposte esaurienti alle nostre 10 domande. Se il contenuto delle risposte ha, come sembrerebbe, fruito dell’ausilio dell’ufficio legale, forse c’è una ragione di più per ripensare la sua organizzazione. Spiace constatare che il cambio di passo che molti si auguravano per l'Università di Foggia mediante la sua elezione non ci sia stato.
Non stupisce, peraltro, che il Rettore si erga a baluardo del sistema universitario: nella sua personale carriera, infatti, ha funzionato come un orologio svizzero senza battute d’arresto o rallentamento alcuno. È ciò che accade, puntualmente, a tutti i “figli d’arte”, su cui il sistema cade a pennello come un abito cucito su misura; suo padre Oronzo dal 2001 al 2007 è stato, infatti, il rettore dell’Università del Salento.
Leggete qui. Il Rettore Pierpaolo Limone a 27 anni diventa ricercatore di Pedagogia Sperimentale SSD M-PED/04, presso l’Università della Valle d’Aosta – Facoltà di Scienze della Formazione, a 30 anni (mentre l'età media italiana dei professori associati è intorno ai 50 anni) diventa Associato all’Università degli Studi di Foggia - Dipartimento di Studi Umanistici. A 38 anni il Rettore Ricci, suo predecessore, prova ad anticipare la sua presa di servizio come ordinario grazie ad una convenzione con UNIPEGASO (dove tuttora insegna suo padre Oronzo), che mette a disposizione un cospicuo finanziamento, ma l’operazione si inceppa. A 41 anni diventa Professore Ordinario, sempre a UniFG, a 43 anni viene eletto Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici e infine, a 44 anni, uno dei più giovani rettori d'Italia, viene eletto Rettore dell’Università di Foggia.
La FULMINEA carriera del Rettore Limone non è passata inosservata ai giornalisti de La Repubblica, i quali nel 2005 nell’articolo “Baby professori in cattedra: così a 24 anni inizia la carriera”, sottolineano la parentela che lega Pierpaolo Limone al padre Oronzo. Quest’ultimo, peraltro, è salito come rettore alla ribalta della cronaca per essere stato condannato alla pena di 2 anni per il reato di peculato, condanna confermata anche dalla Corte di Appello.
Ciò detto, veniamo a commentare le sue risposte alle domande di “Trasparenza e Merito”, che non ripetiamo perché le ricorderete sicuramente.
1. Il Rettore Limone ribadisce quanto dichiarato al momento del suo insediamento: “Mi impegno a essere il Rettore di tutti e a portare l’Ateneo oltre le sue divisioni.” Spiace dirlo ma il Rettore dovrebbe impegnarsi di più in questa direzione, visto che finora le scelte compiute evidenziano una significativa continuità con la gestione precedente, dal momento che nella composizione dei principali organi e commissioni di Ateneo, ha costantemente confermato le scelte del suo predecessore. Come può pensare, infatti, che gli uomini e le donne del precedente Rettore Ricci possano prendere decisioni in discontinuità con quanto da loro stessi deciso nel “sessennio dei veleni”? Facciamo nomi e cognomi, perché siamo abituati a parlare sempre nello specifico, e mai in generale o per sentito dire: in primo luogo, come pro-rettore vicario, il rettore Limone ha scelto Agostino Sevi, nonostante le numerose vicende giudiziarie ancora pendenti per reati gravi quali truffa, falso e peculato; come Direttore Generale, ha scelto di confermare nuovamente la dott.ssa Teresa Romei, la quale fu scelta dal suo predecessore; nel Consiglio di Amministrazione 5 su 7 componenti sono legati alla precedente gestione (Mario Pio Fuiano, Marzia Albenzio, Maria Elvira Consiglio, Giovanni Rotice, Alessandro Muscio); nella Commissione bilancio siedono oggi 5/5 componenti in “continuità” (Teresa Romei, Milena Grazia Rita Sinigaglia, Antonio Corvino, Mario Pio Fuiano, Maria De Benedittis).
2. Non è agevole credere che, a proposito dei 4 docenti esiliati e sparpagliati in 4 diversi dipartimenti, non si tratti di una decisione discriminatoria, come afferma il Rettore, quando si constati che il pericolo per la salute non è stato in alcun modo provato o documentato. Il Rettore ha ritenuto comunque di credere sulla parola non solo che i 57 docenti fossero stressati, ma anche che la causa dello stress fossero proprio 4 docenti (sic!). Ciò che poi appare illogico è che i 4 esiliati avrebbero stressato i colleghi per aver proposto istanze di accesso e per aver denunciato irregolarità alle competenti autorità giudiziarie, irregolarità che – va evidenziato con forza – sono state ampiamente riscontrate. Informarsi e denunciare irregolarità nuoce alla salute di chi?
Su questo punto, peraltro, si è già reso conto il TAR Puglia, che ha sospeso la decisione assunta dal Senato Accademico, richiamando l’art. 84, co. 1, d.P.R. 11.7.1980, n. 382, il quale prescrive che “Al singolo professore o ricercatore è garantita la possibilità di opzione fra più dipartimenti o istituti”. Non vi è spazio, dunque, per la decisione assunta che spedisce d’autorità i 4 docenti in 4 diversi dipartimenti, nessuno dei quali ha insegnamenti riconducibili ai settori scientifico-disciplinari dei 4 esiliati. Repetita iuvant, dunque. È necessario, ed avremmo sinceramente preferito evitarlo, riformulare la domanda: davvero il rettore Limone vuole farci credere che la decisione presa sia una soluzione “equilibrata” e “non discriminatoria”?
3. La risposta del Rettore in riferimento all’avvio dell’esecuzione della sentenza sul ricorso della professoressa Conte ha ricevuto un’amara smentita nei fatti. Il Senato accademico avrebbe confermato, in data 16 luglio, la scelta del Dipartimento SAFE, infischiandosene della sentenza del TAR e sposando la “logica cooptatoria” che il TAR aveva censurato. Cosa non hanno capito il rettore e il senato accademico della frase dei giudici che appare a dir poco chiara e perentoria “nel rispetto delle statuizioni contenute nella presente sentenza”? Ottemperare non significa mettere una toppa formale ad un concorso annullato, bensì significa rispettare le analisi dettagliate della sentenza in ordine alla superiorità scientifica della Conte non solo nel giudizio collegiale, ma anche nella somma dei punteggi, precisando persino che la superiorità era ancora più evidente rispetto a quegli elementi curricolari cui la Commissione aveva attribuito un peso maggiore (curriculum e attività di ricerca scientifica). Attendiamo di poter leggere la delibera del Senato, ma la sentenza imponeva non di motivare in ordine alla scelta dell’altra candidata, piuttosto di motivare sulle ragioni per cui non può essere scelta la candidata migliore, e cioè la professoressa Conte.
La decisione assunta dal Senato è scorretta e illogica, così come allucinante è stata, nella sua risposta, la precisazione del Rettore sull’esilio di una tecnologa al dipartimento di scienze umanistiche, distonico rispetto alla legge 240/2010 che prevede l’omogeneità di settore scientifico-disciplinare nei dipartimenti. Non si tratterebbe di ritorsione e di esilio, ma invece sarebbe, a dire del Rettore, un’ottima opportunità, dimenticando che l’art. 33 della Costituzione Italiana stabilisce che: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, che comporta, tra le altre cose che un Rettore non può sostituirsi al singolo ricercatore nelle scelte sulla ricerca e sulla didattica ad essa connessa. Ma come tutti i governanti e i politici (o anche, estremizzando, i dittatori) sanno meglio degli stessi cittadini cosa è meglio per loro, utilizzando questo artificio retorico per giustificare le proprie azioni quand'anche siano totalmente sbagliate come in questo caso.
4. Il Rettore sfugge alla domanda posta. È a tutti noto che la Pubblica Amministrazione possa negare l’accesso, se ne mancano i presupposti, ma il TAR Puglia ha appunto ripetutamente statuito che la professoressa Sinigaglia ha negato l’accesso in presenza dei presupposti, dunque illegittimamente, violando così norme di legge e ha ORDINATOall’Università di Foggia di fornire gli atti richiesti ai succitati docenti, condannandola nel contempo al pagamento delle spese processuali, come accade nel caso di illegittimità evidenti. E la reiterata violazione di leggi o regolamenti, come pure il conseguente danno erariale, concretano sicuramente un possibile addebito disciplinare, quale l’abituale violazione dei doveri d’ufficio. Prendiamo dunque atto, con stupore e indignazione, che nel caso della Sinigaglia, ex prorettore e attuale direttore del Dipartimento di Agraria, il Rettore ha deciso di ignorare le violazioni e di non avviare l’accertamento disciplinare, mentre nel caso del professore Del Nobile, la decisione è stata ben diversa. Due pesi e due misure diverse, dunque.
5. La logica utilizzata dal Rettore per provare che l’Università di Foggia NON è parte lesa è a dir poco claudicante. Difatti, egli sostiene che poiché il GIP ha respinto la richiesta dei professori Del Nobile e Centonze di costituirsi parte civile nel succitato procedimento penale ne consegue che UniFg non sia parte offesa (sic!). Non sono parte offesa Del Nobile e Centonze come singoli, ma non vi è chi non veda che UniFg lo sia senza ombra di dubbio, essendo stato accertato il mancato versamento di sue spettanze pari a circa due milioni di euro (tanto è vero che finanche il Ministero si è costituito parte civile per il danno subito). Prendiamo atto con stupore e vibrante preoccupazione che il Rettore, nonostante il pronunciamento contrario della Magistratura (al momento, ferma restando la sacrosanta presunzione di non colpevolezza) abbia confermato per i docenti coinvolti nell'inchiesta e nel processo “stima e fiducia”. D’altronde, tale incrollabile fiducia è resa evidente dalla nomina di Sevi quale prorettore vicario, nonostante le plurime inchieste che lo coinvolgono avrebbero consigliato l’opportunità almeno di attendere gli esiti giudiziari. Pare prevedibile, quindi che la granitica fiducia sarà confermata anche in caso di rinvio a giudizio e persino di assoluzione per avvenuta prescrizione del reato. E questo ci appare purtroppo alquanto eccentrico, non tanto per noi, quanto per i cittadini. Per non dire altro.
6. Ancora una volta il Rettore Limone ci regala una risposta elusiva. Anche a voler sorvolare sulle pregresse vicende in cui i due fratelli Sevi ricoprivano rispettivamente il ruolo di vertice politico e vertice amministrativo nella medesima struttura (il Dipartimento SAFE), il punto che il Rettore non affronta è legato alla circostanza che oggi ad Agostino Sevi sono collegati numerosi “Affari legali” pendenti la cui gestione è affidata alla responsabilità di sua sorella Marta, cui spetterebbe di fornire consigli legali al Rettore nell’interesse non di suo fratello, ma dell’Università tutta. Si comprende bene, dunque, come il Rettore si sia potuto convincere che l’Università non è parte lesa nella vicenda DARE.
7. Il Rettore parla di possibile diffamazione, dunque la nostra precedente sintetica domanda, per motivi di spazio, stavolta richiede di essere dettagliata e circostanziata. Sul versante amministrativo il TAR ha accertato con sentenza sia plurime violazioni della disciplina del diritto di accesso, sia la violazione delle regole del procedimento disciplinare contro il prof. Del Nobile, e si tratta di sentenze passate in giudicato. In sede cautelare il TAR ha censurato anche la delibera di assegnazione dei 4 docenti ribelli a 4 diversi dipartimenti. Ha rilevato, inoltre, la violazione della disciplina dei concorsi per il concorso di seconda fascia cui ha partecipato la professoressa Conte, ma tale sentenza può essere ancora appellata; sul versante dei concorsi pendono già altri appelli dinanzi al Consiglio di Stato, che già in passato ha annullato altri concorsi.
Sul versante della giustizia penale, la sintetica affermazione contenuta nella domanda si riferisce ai seguenti procedimenti penali: R.G.N.R. Nr. 9060/17; R.G.N.R. Nr. 20825/17; R.G.N.R. Nr. 9567/19; R.G.N.R. Nr. 10393/19; R.G.N.R. Nr. 2373/20. La domanda si riferisce, inoltre, ai procedimenti penali conclusisi con archiviazioni, dal momento che pur in presenza dell’accertamento dei fatti denunciati da parte della guardia di finanza, le relative violazioni avevano cessato di avere rilevanza penale a seguito della riforma dell’abuso d’ufficio che ha depenalizzato le violazioni di regolamenti. In altri termini, i regolamenti sono stati SICURAMENTE E RIPETUTAMENTE VIOLATI e questo – come già spiegato – basta per avviare un accertamento disciplinare, ma i colpevoli la fanno franca perché in base alla nuova versione dell’art. 323 cp, (abuso d’ufficio) violare i regolamenti non è più reato, come ha spiegato benissimo l'insigne giurista Tullio Padovani nell'articolo dal titolo “Vita, morte e miracoli dell'abuso di ufficio”, pubblicato su “Giurisprudenza penale” (n. 7-8, 2020).
8. Anche in questo caso il Rettore non risponde alla domanda, sviando l’attenzione sulla sanzione disciplinare inflitta al professore Del Nobile, che non formava l'oggetto della domanda. Il Rettore non fornisce alcun chiarimento sul perché egli non abbia avviato alcun procedimento disciplinare nei confronti del personale dell’Università di Foggia per violazioni accertate ben più gravi di un presunto insulto a colleghi (vedi Commento 7).
9. Il Rettore evita di rispondere, preferendo invece soffermarsi sulle norme che regolano in generale la possibilità di affidamento degli incarichi legali esterni. La domanda era ed è: perché lo ha fatto UniFg con così elevata frequenza? Pertanto resta intatto il grave problema: se Limone ha deciso, a torto o a ragione (in astratto), di affidarsi a legali esterni, quali sono le motivazioni? L’impennata delle spese legali e notarili dell’Università di Foggia così come desunte dal bilancio della stessa Università è evidente e parte proprio dall’anno in cui la dottoressa Sevi è stata nominata Responsabile dell’Ufficio Legale di UniFg a maggio 2017. Ma sarà una pura casualità. Scorretto appare, da parte sua, ribaltare il dato della crescita delle spese su coloro che hanno azionato percorsi di tutela, riferendo, peraltro un dato non veritiero, stante l’accoglimento di numerosi ricorsi e la pendenza di procedimenti penali. Suggeriamo, sommessamente, di verificare la correttezza formale e sostanziale dei rimborsi effettuati: a titolo di esempio si rammenta che la legge prevede che affinché si possa erogare un rimborso l’ente deve essere coinvolto dal principio e, quindi, a monte nella scelta del legale di fiducia, non a causa conclusa.
10. Il Rettore Limone dichiara, parlando di sé e dei docenti, di essere “scienziati che hanno dedicato la propria vita alla conoscenza e alla ricerca della verità, quindi sappiamo che servono i giusti tempi per distinguere tra vero e falso, così come tra giustizia e giustizialismo, tra difesa dei diritti e prevaricazione”. Verrebbe da fare un applauso a queste parole che condividiamo in linea generale. Lo stesso Rettore ha poi aggiunto: “L’Università di Foggia persegue il merito ed è in prima fila per promuovere la legalità”. Spiace dover ricordare che, evidentemente, né lui né i componenti del Senato accademico hanno letto la sentenza del TAR Puglia, Bari, Sez. I, 13.5.2021, n. 853 (Concorso II Fascia Conte), nella quale il Giudice amministrativo si esprime in maniera netta e severa in merito ad un concorso per professore di Seconda Fascia del SSD AGR/15: “Reputa il Collegio che l’esito della votazione sia, piuttosto, l’espressione di una scelta di campo, ispirata da una logica di tipo cooptatorio e disancorata da un esame obiettivo delle valutazioni esperite dalla commissione. Una impostazione, quest’ultima, che frontalmente confligge con un sistema di reclutamento improntato al merito”. Delle due l'una: o si persegue il merito, come dichiara il Rettore, oppure si confligge con il merito, come dichiarano i giudici a proposito dell'operato dell'Ateneo.
Con tutto il rispetto per il Rettore, preferiamo dar credito ad un Tribunale della Repubblica Italiana. Il Rettore, infine, nega con forza che il sistema universitario sia malato e inveisce contro chi denuncia pubblicamente le ingiustizie perpetrate negli atenei, parlando di giustizialismo. Citiamo, in risposta, le testuali parole pronunciate dalla Pm Raffaella Agata Vinciguerra, che insieme al collega magistrato Marco Bisogni, ha coordinato le indagini di “Università bandita” all'ateneo di Catania. (Minuto 23.20 della conferenza stampa): “Sul codice sommerso di comportamento dei docenti noi siamo rimasti, con i colleghi magistrati, molto basiti nel ritrovare - e perdonatemi l’abbinamento - delle conversazioni e delle modalità procedurali “para-mafiose”. È un codice sommerso che è basato essenzialmente sul ricatto e sul guadagno reciproco che prescinde assolutamente dal merito. Nel senso che poteva pure capitare che vincesse o accedesse al concorso una persona che era meritevole ma era già stato predestinato e deciso. I concorsi infatti non venivano nemmeno più chiamati per materia ma venivano chiamati per nome. Questo è il codice e il “patto scellerato” che stava alla base di tutto. L’università doveva essere in mano solo a pochi, figli dei figli, o comunque soggetti che facevano parte e che mantenevano questo accordo e questo patto e questo sostanzialmente quello che è emerso. Si prescinde totalmente dalla meritocrazia o dalla possibilità che un qualunque studente che si sia laureato possa senza conoscere nessuno o senza addirittura accettare di dare qualcosa in cambio, accedere e vincere per esempio un dottorato o un concorso, purtroppo questo è arrivato fino anche a colpire fin dall’inizio il momento di chi deve poi divenire professore associato o ordinario ed è una macchia che dall’origine e dall’inizio poi va sostanzialmente a infettare tutto il sistema universitario. La cosa che rattrista è che quella che dovrebbe essere la cultura, la culla della scienza, e quindi la speranza del paese, in realtà adotta gli stessi metodi che noi magistrati molte volte ritroviamo nelle associazioni mafiose. È la stessa identica cultura della forza e del ricatto, se sei dentro quel circuito bene, se sei fuori da quel circuito, non ottieni assolutamente nulla, quindi anche il ragazzo o il professore tendenzialmente perbene, se non accetta la condizione a sua volta di ricambiare il favore, tanto vale che se ne vada da un’altra parte”.
Come se non bastasse, per fornire un'altra ulteriore testimonianza del quadro accademico, ancora una volta, assolutamente “desolante”, riportiamo quello che emerge dalle intercettazioni dell'inchiesta fiorentina ai concorsi di medicina, con il procuratore aggiunto Luca Tescaroli che usa parole durissime: “Il dato più significativo che emerge dai risultati investigativi finora conseguiti è l'esistenza di un centro di potere che gestisce la cosa pubblica come se fosse cosa propria, come se tutto quel che riguarda la vita universitaria debba essere gestito in funzione personale con scambi di favori, facilitando i propri clientes nell'occupazione di posti di ricercatore e di professore ordinario e associato. A queste valutazioni deve aggiungersi la sicumera di impunità degli indagati, i quali hanno agito con dispregio delle regole di legalità, oltre che dei principi istituzionali di efficienza e imparzialità dell'azione amministrativa, nonostante la consapevolezza della sussistenza di plurime investigazioni in atto”. (A. Massari, Firenze, l'università dei baratti: “Qui non prevalgono i migliori”, “il fatto quotidiano”, 12 marzo 2021).
E purtroppo, in tutto ciò, non c'è nulla di eccentrico. Trattasi di amara realtà, Magnifico Rettore Limone.
Stando alle sue deludenti risposte e soprattutto alle sue (finora) inefficaci azioni, dobbiamo purtroppo concludere che l'Università di Foggia meriterebbe un nuovo Rettore che sappia interpretare il vero bisogno di cambiamento dell’Università italiana, di cui TRA-ME è severo ed instancabile interprete.
23 giugno 2021
Trasparenza e Merito. L'Università che vogliamo
Leggi l'articolo su "L'Attacco" del 25 maggio 2021 con le domande di TRA-ME al rettore Limone
Leggi l'articolo su "L'Attacco" del 12 giugno 2021 con le risposte di Limone a TRA-ME
Leggi il pdf della lettera aperta con i commenti di TRA-ME alle risposte di Limone del 23 giugno 2021
Leggi l'articolo su "L'Attacco" del 23 giugno 2021
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