I concorsi universitari in Italia sono pilotati, lo sanno tutti che il vincitore è noto ancora prima di cominciare! Anzi, il bando di concorso viene avviato solo se c’è un vincitore già ben identificato. E d’altra parte, non è così che si fa all’estero? Se una università vuole assumere, seleziona i candidati con i criteri che richiede opportuni, e poi prende chi vuole, senza troppi fronzoli.
Piccolo particolare: le università straniere che si muovono liberamente nel mercato del lavoro sono generalmente private. Lo sono, ad esempio, tutte le più famose università americane o britanniche. Inoltre va detto che, dato anche il grado di sviluppo dei relativi programmi di dottorato e ricerca, lontano anni luce – come è noto - da quello italiano, assumere una persona con scarsa reputazione e produttività scientifica avrebbe ricadute negative rilevanti, economiche e non, sull’ateneo. Infatti chi viene selezionato in questo modo viene anche valutato, costantemente, e accantonato qualora non dimostri valore e qualità.
Ma in Italia si sa, si vuole sempre strafare. Ed ecco allora che c’è chi “vo' fa l’americano” col sedere dei cittadini. Cioè con i soldi pubblici (bando di concorso pubblico), gestendo il potere accademico autocraticamente, senza temere alcuna ripercussione riguardo alle conseguenze delle proprie scelte. Un po’ come nelle vecchie “partecipazioni statali”. E d’altra parte ricerca e reputazione internazionale contano zero nell’accademia italiana, se non in termini puramente narcisistici per i soggetti coinvolti, ai quale piace magari immaginarsi come grandi studiosi di rilevanza mondiale. Affermazione vera sempre di più, appunto, solamente nei sogni.
Un esempio? Da qualche anno il Dipartimento di Economia dell’Università “Ca’Foscari” di Venezia invia un drappello di propri rappresentanti (scelti in base a cosa?) all’ “Economics Job Market” (https://econjobmarket.org/). Di cosa si tratta?, si chiederanno i profani. In sostanza è una fiera dove datori (accademici) di lavoro incontrano giovani ricercatori interessati a lavorare nell’università (o centri di ricerca, in questo caso nell’ambito delle scienze economiche). Li chiamano “job market seminars”, appunto, all'americana. Questi “rappresentanti” viaggiano in missione (quest’anno, a Rotterdam), ovviamente con fondi pubblici (di ricerca?), mettono in piedi un piccolo stand (con che soldi?), fanno interviste (chiedendo cosa?) e promettendo attraenti possibilità di carriera (!). I candidati così pre-selezionati vengono invitati a svolgere un seminario in dipartimento (magari con una compartecipazione alle loro spese di trasferta?). Il seminario permette ad un ristrettissimo, elitario, gruppo di persone di valutare la qualità del candidato, sulla base di criteri imperscrutabili e comunque non di pubblico dominio. Il vincitore in-fieri del concorso viene così determinato attraverso conversazioni di corridoio.
Rimane un’ultima seccatura: bisogna mettere in piedi la formalità del concorso pubblico aperto, visto che – ahi loro – purtroppo così dice la legge. Ma è una questione derubricabile a mera burocrazia: ovviamente non si presenterà nessun candidato alieno.
Ora, si guardi bene: nulla di quanto raccontato è sulla carta illegale (almeno finché qualche candidato esterno non si trovi, casualmente, a partecipare a qualcuno di questi concorsi già belli impacchettati e predeterminati, contestandone la condotta). Qualcuno potrebbe persino obiettare che è già un bel passo avanti rispetto ai concorsi nei quali vengono assunti portaborse, amanti e parenti. Ma è una magra consolazione. Noi riteniamo che sia totalmente intollerabile che l’università pubblica italiana sia nelle mani di gruppetti di potere che la gestiscono “privatamente” come fosse “cosa loro”. È facile fare l’americano, soprattutto se puoi mantenere tutti i privilegi e le immunità del più squallido baronato, così tipico della realtà italiana.
A proposito: ci giunge voce che oggi, 14 dicembre 2020, l'Università di Venezia, insieme con le “gemelle” venete, gli atenei di Padova, Verona e lo Iuav (sempre di Venezia), ha celebrato la giornata della Trasparenza, nella quale si auspica una ampia partecipazione dei docenti per dibattiti, approfondimenti e riflessioni sul tema. Sarebbe bene che questi atenei, coinvolti a vario livello in vicende di concorsi pilotati sanzionati amministrativamente e penalmente, dimostrassero altrettanta solerzia e attivismo nell'eseguire le sentenze dei tribunali e nel tutelare, non solo a parole (come si può leggere nel comunicato che celebra la suddetta giornata), ma nella realtà, i cosiddetti “whistleblowers”. Sarebbe comunque troppo tardi, ma, come si dice, meglio tardi che mai...
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