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La giurisdizione italiana si è fermata alle porte del Miur? Vero Dott. Livon?

Viene da chiedersi se la giurisdizione italiana - con i suoi doveri che tutti i cittadini sono obbligati giustamente a rispettare - termini ai confini di viale Trastevere. Ovvero valga per tutti tranne che per gli atenei.

Dopo aver letto una recente nota ministeriale in fatto di non candidabilità ai concorsi universitari (ne avevamo già parlato in precedenti comunicati: si legga sotto) sembrerebbe proprio di sì. O almeno questa sembra essere l'opinione del Direttore Generale del Miur Daniele Livon, il quale ha scritto di suo pugno:

"Si segnala che il Consiglio di Stato con sentenza n. 3626/2016 ha espresso un diverso orientamento, sostenendo che “non può che interpretarsi nel senso che essa sia necessariamente riferita a qualunque genere di rapporto di lavoro, compreso l’insegnamento a contratto, giacché altrimenti non avrebbe senso alcuno la espressa comminatoria di esclusione di chi presso la stessa università sia stato assegnista o addirittura mero studente iscritto ai corsi di laurea”. Successivamente all'entrata in vigore della legge 232/2016, si sono pronunciati in modo analogo al Consiglio di Stato, il TAR Piemonte (sentenze n. 372/2016 e n. 698/2017) ed il TAR Toscana (sentenze n. 843 e 844 del 2018)."

Pur tuttavia - sintetizziamo noi con parole tradotte in linguaggio pratico - la conclusione del Miur rivolto agli atenei è : continuate pure a non ascoltare quello che dicono i giudici, continuate pure a far vincere i concorsi a candidati che, per bando e per legge, non potrebbero neppure partecipare.

Sembra incredibile a dirsi ma è proprio così: la giurisdizione italiana non fa testo per gli atenei. Non è la prima volta che accade, purtroppo (con le sentenze esecutive non eseguite), ma adesso che sia perfino il Miur , nelle parole del suo Direttore Generale, ad invogliare gli atenei a seguire "orientamenti" diversi da quelli delle sentenze, appare a dir poco surreale.

Qualcuno dei candidati, prima o poi, anziché ricorrere "solamente" alla giustizia amministrativa (e sono tantissimi i ricorsi già accolti in questo ambito nel corso degli ultimi anni), partirà con qualche denuncia penale nei confronti del ministero, e a quel punto, ne vedremo delle belle.

In un lungo articolo pubblicato nel 2016 sul "Quotidiano Giuridico", quindi non certo a firma degli ultimi arrivati in fatto di giustizia, e intitolato "L'inammissibilità dei docenti a contratto ai concorsi universitari riservati agli esterni" veniva chiaramente detto che "in presenza di decisioni univoche pronunciate dai giudici amministrativi, sarebbe difficile dimostrare l'assenza di COLPA GRAVE nell'assunzione di una interpretazione "permissiva" della legge, peraltro in contrasto con il dettato letterale della stessa. Le amministrazioni non possono neppure fare affidamento, come sottolineato dal Consiglio di Stato, sulle note del Miur, in quanto "le circolari interpretative devono essere seguite dalle amministrazioni per assicurare il buon andamento dell'azione complessiva della pubblica amministrazione se ed in quanto esse siano conformi alla legge. L'interpretazione seguita dal Ministero si pone, invece, in APERTO E PALESE CONTRASTO con il precetto normativo".

Questo il quotidiano giuridico. Aggiungiamo noi che, all'epoca, la recente incredibile nota del Miur non era ancora stata scritta. E pure l'emendamento all'articolo della legge introdotto successivamente, come è già stato più volte chiarito dagli stessi giudici amministrativi, ha solo una valenza finanziaria e non modifica il senso letterale della legge. Vero, dott. Livon?


Leggi la nota ministeriale indirizzata all'avvocatura generale dello Stato (sez.VII Istruzione, Università e Ricerca) sulla non candidabilità ai concorsi universitari

Leggi l'articolo sul "Quotidiano Giuridico" del 2016

Leggi il precedente comunicato sulla vicenda




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