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Il fiume carsico dei ricorsi degli iscritti di TRA-ME:annullato nuovo concorso per associato a UNIFI

Ormai è un vero e proprio “fiume carsico”, attivo nei meandri dell’attuale reclutamento universitario predeterminato e pilotato. I ricorsi e le sentenze dei tribunali amministrativi aumentano di giorno in giorno e stanno inesorabilmente modificando il sottosuolo del mondo universitario. Protagonista di questa vera e propria "rivoluzione culturale" è la nostra Associazione, attraverso i contenziosi avviati dai suoi tanti iscritti. Basta dare un rapido sguardo al motore di ricerca del sito ufficiale della Giustizia amministrativa per accorgersi della profondità e pervasività del fenomeno in atto.

Non c’è settimana che non arrivi una nuova ulteriore sentenza che annulli un concorso in qualche ateneo italiano. Ormai non fa quasi più notizia.

L’ultima, in ordine di tempo, dà conto dell’accoglimento di un ricorso proposto da un nostro collega, il professor Giuseppe Mariotta, iscritto della prima ora a “Trasparenza e Merito”, che ha ottenuto dal Tar Toscana una sentenza importante. Si tratta dell’annullamento della procedura per un posto di Professore Associato nel settore concorsuale 10/D1 (Storia Antica), settore scientifico disciplinare L-ANT/02 (Storia Greca) presso il dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Firenze, indetta con decreto del rettore nel marzo 2017.

Il dipartimento aveva dichiarato maggiormente idoneo un altro candidato. In realtà, come fanno notare i giudici nella sentenza pubblicata il 23 gennaio scorso e resa pubblica oggi, “il comma 4 dell’art. 18 della L. 240/2010 prevede, nell’ambito del reclutamento dei professori universitari, una specifica riserva di posti pari ad un quinto in favore di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell’università stessa”.

Nel caso specifico, il docente che era stato chiamato dal dipartimento al posto del collega ricorrente, aveva tenuto un incarico di docenza, con rapporto di lavoro autonomo, per gli anni 2015-2016, intrattenendo con l’ateneo fiorentino un rapporto di servizio “per una attività non marginale” che a pieno titolo rientra nella casistica vietata dalla legge. Per tale ragione il Tar ha annullato la chiamata del docente, ed ha condannato l’ateneo alla refusione delle spese del giudizio di 3500 euro.

Ecco perché abbiamo parlato, da un po’ di tempo, di una prima importante breccia, che sta diventando una crepa vera e propria aperta nel muro del reclutamento universitario, e che presto, se non saranno individuati dei correttivi importanti, rischia di diventare una voragine che travolgerà l’attuale sistema universitario. Le sentenze emesse dai tribunali , soprattutto nel corso di questi ultimi due anni, hanno creato dei devastanti e importantissimi precedenti giuridici che non potranno non essere tenuti in considerazione nelle prossime procedure di concorso dalle future commissioni.

Dalle più significative sentenze degli ultimi anni viene fuori così una sorta di “breviario per gli atenei e le commissioni che intendano procedere ad un concorso trasparente e realmente fondato sul merito e non sulla cooptazione pilotata per aggirare il pubblico concorso. Ciò che un’università seria, corretta, rispettosa delle regole e delle leggi avrebbe dovuto fare da sola, correndo ai ripari e auto riformandosi a seguito delle prime sentenze che avevano confermato l’irregolarità di talune prassi diffuse in ambito accademico nelle procedure di reclutamento, ad oggi, non è stato ancora fatto. Tanto è vero che le sentenze continuano a fioccare.

L’atteggiamento di disprezzo delle regole che hanno continuato ad evidenziare molti atenei, dipartimenti e commissioni di concorso, perfino dopo le sentenze amministrative, le indagini delle procure e le denunce pubbliche sulla stampa, lascia a dir poco esterrefatti e impone una seria e profonda riflessione sulla mancanza di correttezza, di legalità e di moralità di una parte dell’ambiente accademico (purtroppo numerosa) che, peraltro, ha goduto del silenzio della assoluta maggioranza dei ricercatori e dei docenti che ha visto commettere irregolarità e reati e non li ha denunciati, per ragioni di opportunismo o di quieto vivere.

Solo l’azione costante e caparbia di “Trasparenza e Merito”, che rappresenta oggi la minoranza cosciente e consapevole della necessità di una rivoluzione del sistema di reclutamento fondata appunto sulla legalità, sulla trasparenza e sulla valorizzazione del merito a scapito della clientela e dell’amicizia personale o di “scuola” che lega commissari e candidati, permette di avere ancora speranza, per il futuro, in una università migliore, più aperta, più qualificata, più produttiva, più dinamica e in grado di competere con le altre università del mondo.


Leggi la sentenza integrale del Tar Toscana del 23 gennaio 2020



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