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I tribunali archiviano le querele degli atenei: raccontare la "mala università" è diritto di cronaca

Archiviata un’altra querela: marito e moglie prof nella stessa facoltà? Il giudice: raccontarlo è diritto di cronaca. E’ il contenuto di un articolo pubblicato il 26 gennaio 2020 su “La Gazzetta del Mezzogiorno”.

Ad alcuni docenti dell’Università di Bari non piace che i giornali abbiano raccontato della presenza dei rispettivi coniugi nel loro stesso dipartimento. Ma secondo il Tribunale di Bari, la circostanza ha un “sicuro rilievo pubblico”, perché è relativa ad “una pubblica istituzione e pubblici bandi di concorso” e manifesta una “perplessità che non poteva certo ritenersi pretestuosa”: quella che il Senato accademico, con una interpretazione della legge Gelrmini sfumata proprio grazie al clamore sollevato a livello nazionale da un articolo della “Gazzetta” firmato da Massimiliano Scagliarini, potesse ritenere che marito e moglie non dovessero essere considerati “parenti” in senso giuridico e, dunque, potessero continuare a lavorare insieme. Il 29 ottobre 2014 abbiamo raccontato la singolare interpretazione dell’Università (“E a Bari scoppia il caso di mariti e mogli. In questi concorsi il divieto non vale”) in un articolo che ha fatto il giro d’Italia e che ha attirato numerose querele da parte delle tante famiglie di docenti. TUTTE ARCHIVIATE. L’ultima in ordine di tempo è dell’allora direttore del dipartimento di Giurisprudenza, che si era opposto alla richiesta di archiviazione (nei confronti del giornalista della “Gazzetta” e di un collega di “Repubblica”, che aveva ripreso la notizia il giorno successivo) avanzata dalla Procura di Bari poi accolta dal Gip con una ordinanza, depositata venerdì, che è un monumento al diritto di cronaca. Non c’è dubbio - ha infatti stabilito il Gip - che il direttore del dipartimento sia il marito di una docente associate di Diritto commerciale. “La partecipazione della stessa ai concorsi in assenza di cambio di orientamento da parte del Senato accademico a parere dei giornalisti avrebbe determinato un vulnus di credibilità dell’organo universitario”. Senza alcun intento, da parte dei giornalisti, di “punire” l’illustre direttore dei dipartimento (…) Quanto scritto dalla “Gazzetta” rappresenta, secondo il giudice, “una lettura plausibile e tutt’altro che offensiva della reputazione dello stesso in ordine a tale evento (…) non può assumere valore diffamatorio”.

Si tratta, come capite, di un importante punto fermo messo sul tema querele e diritto di informare l’opinione pubblica sull’istituzione universitaria e i concorsi pubblici. Molte sono state infatti - da quando siamo nati e da quando pubblichiamo sul nostro sito le notizie che riguardano i concorsi truccati e la "mala università" italiana - le minacce di querela, chiare forme intimidatorie, che abbiamo ricevuto da parte di vari rettori e direttori di dipartimenti sparsi negli atenei italiani. Ebbene il segnale dato a questi signori da parte di vari tribunali del nostro paese è chiaro: evitare lettere di intimidazione in cui si paventato querele e quant’altro, tanto i giudici non potranno che archiviarle quando si fondano su dati fattuali come ordinanze e sentenze dei tribunali amministrativi o penali, proprio in nome del diritto di cronaca e di informazione. I cittadini devono sapere cosa accade, in molti, troppi atenei, sul reclutamento universitario irregolare.


Leggi l'articolo integrale su "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 26 gennaio 2020



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