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Firenze, il rettore annuncia: "Ho un avviso di garanzia per un concorso"

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, si dice. Eh già. Ebbene è giunta la notizia che il rettore dell’Università di Firenze è indagato per il reato di abuso di ufficio ad un concorso. Gli accertamenti si riferiscono ad un concorso di cardiochirurgia denunciato da un collega iscritto a "Trasparenza e Merito".

Tempo fa, prima per il settore di diritto tributario, poi a medicina, la procura di Firenze è arrivata a fare una vera e propria mappatura del "do ut des" sotteso agli atti illeciti individuati, descrivendoli minuziosamente ed individuando precisi reati che sono stati contestati ai docenti.

Lo stesso è accaduto con l’inchiesta della procura di Catania denominata “Università bandita”, dove addirittura si è parlato di sistema pseudo-mafioso che gestiva tutto in modo illecito.

Questo sistema non è affatto una tipicità dell’università fiorentina, o di quella catanese, ma, con modalità di abusi e reati vari, con sfumature diverse a seconda della spregiudicatezza degli individui in causa, riguarda non solo il settore di medicina ma altri settori scientifici di un po’ tutti gli atenei italiani. Insomma è la prassi, l’eccezione è quando il concorso è regolare e trasparente, non viceversa.

Detto questo questo, salvo la presunzione di non colpevolezza, visto che si tratta per adesso solamente di un avviso di reato, c'è da sottolineare un altro aspetto che è probabilmente molto più grave dal punto di vista pubblico e simbolico.

Tempo fa, a seguito dell’inchiesta della procura fiorentina sul settore di diritto tributario, nella quale gli inquirenti avevano definito le logiche spartitorie dell’abilitazione scientifica e dei concorsi universitari e la condotta dei baroni universitari coinvolti come “un concorso criminoso nel reato di corruzione”, il rettore prima aveva detto che avrebbe fatto costituire come parte civile per il danno di immagine subito l’ateneo di Firenze, salvo poi fare marcia indietro e non far costituire l’università al processo.

E' la mentalità che non funziona e che va radicalmente cambiata.

Saremo felici di un ateneo quando, a seguito di intercettazioni chiarissime che evidenziano reati, e a seguito di indagini precise che li certificano, ancora prima di arrivare a sentenza, un rettore facesse un atto forte di moralità di fronte ai cittadini e di censura pubblica, condannando certe vicende, attaccando pesantemente per danno di immagini all’ateneo non le vittime dei reati ma chi li ha commessi. Chissà magari un giorno un rettore lo farà e allora sarà quello magari il giorno in cui potremmo tornare finalmente a credere nella credibilità e nella serietà dell’università italiana.

Si può leggere su "Repubblica":


"Gli accertamenti si riferiscono a un concorso dove, stando alle accuse, i "baroni" volevano imporre il proprio candidato, il professor Pierluigi Stefano, poi risultato vincitore. Per questo non avrebbero esitato a fare pressioni su un altro cardiochirurgo in servizio a Firenze, cercando di convincerlo a citare nelle proprie pubblicazioni proprio i lavori di Stefano: un escamotage per gonfiarne il curriculum e spianargli la strada alla vittoria del concorso. L'avviso ricevuto dal rettore si riferisce a questo concorso, secondo alcune indiscrezioni il reato contestato al capo dell'ateneo sarebbe "abuso d'ufficio".

Sull'ateneo pesa anche un'altra inchiesta, quella sulle abilitazioni alla disciplina di diritto tributario, con oltre 40 indagati.

Quanto agli accertamenti per il posto di associato in cardiochirurgia, gli investigatori della squadra mobile avevano perquisito uffici e abitazioni di 6 indagati “eccellenti”, tutti accusati di tentata concussione in concorso. Oltre a Stefano, attuale direttore della cardiochirurgia di Careggi e considerato una eccellenza internazionale nel suo campo, il provvedimento riguardava l'ex direttrice generale dell'azienda ospedaliera di Careggi, Monica Calamai, l'ex prorettore Paolo Bechi (ora in pensione), il direttore del dipartimento oncologico e primario dell'urologia oncologica, Marco Carini, il direttore del dipartimento di medicina sperimentale e clinica dell'Università di Firenze Corrado Poggesi e il professor Niccolò Marchionni, direttore del dipartimento cardiovascolare e primario della cardiologia di Careggi. 

Gli accertamenti erano partiti sulla scia di un esposto (per mancanza di requisiti del rivale) presentato da un altro medico che si era candidato alla cattedra di associato di cardiochirurgia, e che era stato scartato proprio in favore di Stefano, risultato vincitore per la sua "importantissima attività chirurgica"."


Leggi l'articolo integrale su "la Repubblica" (ed. Firenze) del 19 giugno 2020

Leggi l'articolo sul "Corriere" (ed. Firenze) del 19 giugno 2020

Leggi l'articolo su "La Nazione" del 19 giugno 2020



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