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Decano di UniCT illegittimo:già coinvolto in un procedimento per danno erariale ed eccesso di potere

Il Prof. Vincenzo Di Cataldo, attuale Decano dell’ateneo catanese può

davvero ricoprire, sia pur interinalmente e provvisoriamente, in virtù di un DLL del 1944, il ruolo di Rettore o tale potere va al di là delle sue competenze? Per dare risposta a questa domanda qualcuno si era già interessato di visionare il regolamento di ateneo, che appare, su questo punto, tutt'altro che chiaro (comunicato di Tra-Me).

A ben vedere, già in passato il noto docente di diritto commerciale è stato accusato di esercitare illegittimamente dei poteri attribuiti ad altri organi (nello specifico al Rettore). Difatti proprio Di Cataldo, con Decreto n. 1179 del 20 ottobre 2010, in qualità di Preside della Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Catania (prima che gli subentrasse, in veste di Direttore, il proprio allievo, Prof. Roberto Pennisi) escludeva il nostro collega, associato di "Trasparenza e Merito", Riccardo Cavallo da una valutazione comparativa per un assegno di ricerca in Filosofia del Diritto (comunicato di Tra-Me).

A tal proposito il Tar Catania, sez. III con sentenza n. 1879 del 2012 (poi confermata anche in via definitiva dal CGARS nel 2013) affermava che “la competenza ad adottare il provvedimento di esclusione impugnato dal ricorrente appartiene, come può evincersi dagli artt. 6 del Regolamento dell’Ateneo e del bando in questione, al Rettore e non già al Preside della Facoltà. L’assunto deriva dalla circostanza secondo la quale le due norme stabiliscono che gli atti della procedura di selezione vengono approvati al Rettore, sicché al Preside della Facoltà non è attribuito, in merito alla stessa, alcun potere.
Deriva l’illegittimità per incompetenza relativa del provvedimento impugnato e, quindi, il suo annullamento”.

Con tale decisione il Tar, accogliendo il ricorso del prof. Cavallo (illegittimamente escluso dalla procedura) condannava l’Università di Catania non solo al pagamento delle spese processuali ma anche al risarcimento dei danni per “perdita di chance”.

Come ben capite si tratta di una situazione molto delicata e incresciosa.

La Procura sta indagando, ma sono già emersi chiari profili di reato, sono state interdette tutte le più importanti cariche dell'ateneo che, una per una, si sono dimesse.

L'esito logico e più efficace per garantire un controllo, una vigilanza e una parvenza di legalità nelle fasi a venire della vita dell'ateneo catanese, fino alla naturale elezione di un nuovo Rettore, sarebbe dovuto essere il commissariamento da parte del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca. Peraltro questa soluzione, che avrebbe garantito tutte le componenti, dagli studenti ai docenti stessi - quanto meno quelli non compromessi con la precedente gestione definita dalla Procura di "associazione a delinquere" - e che avrebbe dato garanzia soprattutto alla cittadinanza, era tecnicamente percorribile proprio sulla base di quello stesso DLL del 1944, il quale prevede, in casi di decadenza del Rettore per reati gravi o situazioni estreme (come quella in atto), la possibilità da parte del Ministro, per decreto, di commissariare l'ateneo.

A parte l'esito farsesco di una elezione balneare per il nuovo Rettore messa in piedi in tutta fretta ad agosto, non si sa bene per quali ragioni, o meglio si sa benissimo: per far insediare nuovamente alla guida dell'Ateneo un membro, in apparenza tra i meno direttamente compromessi, in realtà qualcuno che possa garantire la continuità della gestione di tipo "familiare" e clientelare Pignataro-Basile.

In aggiunta va detto che questo Decano, alla luce di quanto sopra esposto, non appare legittimato a poter fissare le date dell'elezione, ma neppure di accreditarsi per rivestire, al momento, alcun ruolo apicale.

A questo punto, in primo luogo, ci rivolgiamo al Ministro Bussetti e al Viceministro Fioramonti, nella speranza che, in un sussulto di senso delle Istituzioni e dello Stato, prendano l'unica decisione possibile e cioè facciano insediare nell'Ateneo un COMMISSARIO ESTERNO, inviando degli ispettori ministeriali in grado di rendere ancor più celere e utile il lavoro di scandaglio e di indagine dei magistrati. Utilizzare, come pure è stato fatto in questi giorni, l'argomento della cosiddetta "autonomia degli atenei" come pretesto e scusa per non intervenire appare un ragionamento non solo fallace ma anche ridicolo: la polizia, cioè lo Stato, non interviene se c'è stato un furto in una abitazione? Altro che autonomia.

In seconda battuta, qualora il Miur si rivelasse - una volta di più - il fantasma che è stato in ogni passaggio cruciale fino a questo momento, chiediamo un intervento diretto in Consiglio dei Ministri da parte del Presidente Giuseppe Conte, anch'egli docente universitario, che dovrebbe dunque essere particolarmente attento e sensibile alle tematiche della trasparenza, della legalità e del merito all'Università.

In terzo luogo ci rivolgiamo al Capo dello Stato Sergio Mattarella affinché eserciti il suo ruolo di guida morale affinché dica una chiara parola di censura pubblica su quanto sta accadendo all'Ateneo di Catania, di fronte gli occhi e lo sguardo scosso, attonito e amareggiato dell'intera popolazione. Nel silenzio delle Istituzioni il danno inferto all'immagine dell'Università tutta è incalcolabile e inestimabile.


Leggi la sentenza del Tar Catania sul caso "Cavallo" del 2012

Leggi la sentenza del Cgar Sicilia del 2013



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