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Concorsopoli Uni Firenze-Careggi: bando su misura per cardiochirurgia, il vincitore era già scelto

Chiuso un filone di "Concorsopoli": dieci indagati per una cattedra a Cardiochirurgia. I pm: "Esisteva un piano prestabilito". Le accuse: tentata concussione e abuso di ufficio. La procura chiede l'inchiesta: sotto accusa il prof. Stefàno, l'ex direttore generale Calamai e l'attuale rettore Dei.

L'articolo di Stefano Brogioni su "La Nazione" del 23 luglio 2020.


"Il concorso per professore associato di cardiochirurgia aveva un vincitore prestabilito. Ne è convinta la procura di Firenze, che ha chiuso l'indagine su una tranche della più ampia "concorsopoli" che investe l'azienda ospedaliera universitaria di Careggi. Dieci gli indagati: tra loro l'attuale titolare della cattedra, cioè il noto cardiochirurgo Pierluigi Stefàno, ma anche il rettore dell'ateneo fiorentino, Luifi Dei, e l'ex direttore generale di Careggi Monica Calamai. L'indagine appena chiusa dai pm Luca Tescaroli e Angela Pietroiusti, si articola in due tempi. La prima, in ordine cronologico, in cui si ipotizza la tentata concussione e vede sotto accusa, oltre a Stefàno, i "baroni" di Medicina Paolo Bechi (ex prorettore, oggi in pensione) e altri docenti. Secondo le accuse, in due episodi distinti, uno del 2015, l'altro del 2016, avrebbero avvicinato un altro professore, con l'intento di convincerlo ad inserire il nome di Stefàno (nell'ottica della futura chiamata di un associato a cardiochirurgia) nelle sue pubblicazioni. Stefàno, un "ospedaliero", non avrebbe avuto problemi sull'esperienza ma scarseggiava in pubblicazioni. Da qui l'idea del "prestito" di titoli. In caso di rifiuto il professore coinvolto sarebbe stato "tagliato fuori e marginalizzato". Ma le minacce al professore rientravano, erano un tassello di un puzzle più ampio, pensato dalla Calamai e "condiviso" - si legge nel capo di imputazione - dal rettore dell'università, che ruotava intorno alla figura di Stefàno: affidare a lui la cardiochirurgia, sia clinica che universitaria. Un piano che pareva noto all'ambiente (secondo alcune mail tra i prof agli atti) ma che a un certo punto incrociò un ostacolo: Sandro Gelsomino, un altro cardiochirurgo - titolare di una cattedra all'università di Maastricht, che un po' a sorpresa sfidò Stefàno. E qui si apre il secondo filone delle contestazioni. Un presunto abuso di ufficio in concorso che vede implicati il rettore Dei, la ex dg Calamai, ancora l'ex prorettore Bechi, Poggesi e Marchionni, e i tre membri della commissione. Oltre a Stefàno, "istigatore e concorrente materiale, nella veste di beneficiario del reato". Gli inquirenti hanno ricostruito che il cardiochirurgo avrebbe addirittura partecipato alla stesura del proprio bando "cucito su misura" e che i tre commissari sapevano chi doveva vincere " a prescindere da ogni valutazione di merito". Alla fine (verbale del 20 dicembre 2018) Stefàno prevalse su Gelsomino grazie alla sua vastissima e indiscussa attività clinica, ma la commissione, secondo i pm, definì "importantissimo" un requisito che invece avrebbe dovuto avere una rilevanza "subvalente" rispetto alle pubblicazioni scientifiche e all'esperienza accademica, in cui lo sfidante vantava "un curriculum più ragguardevole". Gelsomino si rivolse al Tar, poi alla magistratura. La giustizia amministrativa ha dato ragione a Stefàno, resta da vedere cosa dirà quella ordinaria. La procura sembra pronta alla richiesta di rinvio a giudizio. Il rettore Dei, perquisito settimane fa, ha preferito non commentare la conclusione dell'indagine.


Leggi l'articolo integrale su "La Nazione" del 23 luglio 2020



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