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Anac condanna un dirigente al pagamento di una multa per ritorsione contro un "whistleblower"

Come riporta un articolo pubblicato sul "Fatto quotidiano" del 26 settembre 2019 intitolato "Whistleblower, Anac condanna un dirigente a pagare 5mila euro di multa: Provvedimenti ritorsivi contro chi aveva denunciato" si tratta del primo caso di sanzione pecuniaria da quando sono state introdotte le norme a tutela di chi denuncia identificandosi con nome e cognome. Il caso, spiega l'Autorità nazionale anticorruzione, è avvenuto in un comune della Regione Campania: il provvedimento firmato dal presidente uscente Raffaele Cantone.

Si tratta di un importante primo atto che va nella giusta direzione, quella da tempo auspicata da "Trasparenza e Merito": le istituzioni pubbliche non attendano l'esito delle lunghe indagini e dei processi a seguito delle denunce fatte per comminare multe ma possono, in certi casi in cui l'istruttoria dimostra il carattere chiaramente ritorsivo di certe azioni, applicare sanzioni direttamente. Come ben capite si tratta di un importante precedente che, se applicato al mondo dell'Università comporterà gravi conseguenze per chi commette azioni di chiara ritorsione nei confronti di chi ha fatto ricorsi amministrativi o denunce ai concorsi.


Scrive il "Fatto":

"Per la prima volta un dirigente è stato sanzionato dall’Anac per aver firmato un provvedimento ritorsivo nei confronti di un dipendente che si era fatto carico di denunciare comportamenti illeciti. Le norme a tutela dei whistleblower sono in vigore dalla fine del 2017 e finora mai si era arrivati a una multa nei confronti dei superiori. L’Autorità nazionale anticorruzione, in questo caso, ha inflitto una sanzione di 5mila euro che non è a carico dell’amministrazione, ma direttamente del manager.

I fatti, fa sapere l’Anac, riguardano un whistleblower, “operante in un Comune campano” che era stato punito per aver fatto la segnalazione. Tutto era nato a seguito di un “forte alterco”, si legge nella delibera dell’Autorità anticorruzione. Da lì era partita un’azione disciplinare che però era stata archiviata. Il whistleblower, a quel punto, si rivolge all’autorità giudiziaria, denunciando per abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio i componenti dell’Ufficio procedimenti disciplinari.

Ufficio “di cui faceva lui stesso parte”, spiega sempre l’Anac, che ha pubblicato sul sito anche la delibera sottoscritta dal presidente uscente Raffaele Cantone. Alla base della contestazione non solo il caso singolo ma – secondo la ricostruzione del whistleblower riportata nella decisione dell’Autorità – “la gestione complessiva dei procedimenti disciplinari condotti in quegli anni” dall’ufficio del Comune campano.

Nelle settimane successive alla denuncia sporta presso l’Autorità giudiziaria, il dirigente – si legge nella nota – “era stato sospeso dal servizio per 10 giorni e in seguito per altri 12 giorni, in entrambi i casi con la contestuale privazione della retribuzione”. L’Anac innanzitutto ha proceduto a qualificare il “segnalante” come whistleblower, che – spiega – non è colui che denuncia in forma anonima ma proprio chi si identifica. Da qui, appunto, nasce la necessità di tutelarlo.


Al termine di “una lunga istruttoria”, aggiunge l’Anac, si è accertato il carattere ritorsivo dei provvedimenti adottati nei confronti del whistleblower: in sostanza, c’era “la volontà di punirlo per aver segnalato”. E per l’Autorità la “superficialità dei ragionamenti giuridici condotta dall’Ufficio per i procedimenti disciplinari”, la “grossolanità degli errori commessi nell’interpretazione del codice di comportamento nonché nell’inquadramento della figura del whistleblower deve essere valutata come elemento idoneo a ritenere provato in via indiziaria il dolo ritorsivo”. Ciò insieme “ad altri elementi fattuali” ha portato a infliggere la sanzione.


Leggi l'articolo sul "Fatto quotidiano" del 26 settembre 2019



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