Thomas Ferguson, attualmente docente di Scienze politiche all'Università del Massachussetts e direttore della ricerca dell'Institute for New Economico Thinking, è un noto politologo, autore di importanti saggi su politica ed economia con una prospettiva storica. Ha conseguito il dottorato di ricerca a Princeton ed ha insegnato negli anni scorsi al Mit di Boston e all'Università del Texas. E' stato intervistato oggi sul "Fatto quotidiano" in un articolo dal titolo emblematico "La politica pilota la scienza con l'ossessione delle citazioni".
Ferguson ha rilasciato dichiarazioni molto significative sullo stato della ricerca italiana ed estera. Il docente americano spiega che "il problema della valutazione con criteri bibliometrici impatta anche sui cittadini e la democrazia", ricorda che la corruzione nel sistema accademico italiano anziché essere diminuita è aumentata negli ultimi anni, afferma che il sistema bibliometrico e l'ossessione delle citazioni su riviste presunte scientifiche, ma pilotate politicamente, hanno portato all'impoverimento del dibattito scientifico e delle idee. Inoltre Ferguson afferma che "i ricercatori sono considerati persone da tenere sotto controllo che devono rispondere del loro operato; alcuni di loro, attentamente selezionati, diventano misteriosamente esperti incontestabili quando si tratta di fornire supporto scientifico per certe politiche per non lasciare spazio a chi potrebbe metterle in discussione."
Lo studioso ricorda inoltre come in Italia siano stati cancellati i dottorati di ricerca in Storia del pensiero economico, settore cruciale per comprendere l'economia. "Dal 2008 - dice - è in corso una protesta di studenti e accademici per il modo in cui vengono insegnate le scienze economiche. L'Italia è un esempio estremo, ma il problema è anche all'estero dove si valutano le ricerche guardando soprattutto alle riviste in cui sono pubblicate. James Heckman, Nobel per l'economia nel 2000, parla di "maledizione delle top-five", delle cinque riviste americane considerate più importanti al mondo, sotto il controllo di gruppi ristretti di economisti e pochissime università. Pubblicare su quelle riviste assicura carriere e promozioni. Ma così le idee nuove non riescono a permeare il sistema."
Leggi l'articolo cartaceo integrale sul "Fatto quotidiano" del 21 settembre 2019
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