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Quando la realtà supera la fantasia: se ad un concorso si dimette perfino il commissario "ad acta"


Ricordate la storia di Andrea Bulleri, ricercatore in Progettazione architettonica iscritto a Trasparenza e merito? Aveva partecipato ad un concorso per ricercatore a tempo determinato (tipo A) per il settore ICAR 14 - Composizione architettonica e urbana svoltosi nel 2018 all’Università degli Studi di Firenze.

Reputando che la valutazione della commissione fosse viziata da irregolarità Bulleri aveva proposto un ricorso al Tar di Firenze, che lo aveva accolto e stabilito la rinnovazione della procedura (con la stessa commissione).

L'esito del nuovo concorso era un classico della serie "reclutamento accademico negli atenei italiani" e dava come vincitore lo stesso precedente candidato come se nulla fosse, come se la sentenza fosse carta straccia. Ma in questo caso la rinnovata procedura valutativa era talmente illogica, assurda e non ottemperante rispetto alla sentenza che, qualche tempo fa, in un articolo su "Repubblica" del 7 maggio 2018 intitolato Concorsi su misura, le università ignorano le sentenze che ordinano di rifarli daccapo, era stato dedicato un passaggio proprio al caso di Bulleri , che aveva anche inoltrato un reclamo formale al rettore che lo aveva respinto (anche questo un grande classico).

Ciò fatto l'architetto presentava un nuovo ricorso per inottemperanza del giudicato al Tar Toscana, che il 25 ottobre 2018 lo accoglieva, riconoscendo la mancata esecuzione della sentenza e disponendo una seconda rinnovazione con commissione nominata da "commissario ad acta".

Nella successiva sentenza del Tar del 25 marzo 2019 si può leggere testualmente:

"a) premesso che questo Tribunale ha nominato quale Presidente della

Commissione nonché commissario ad acta, il Preside della Facoltà di Architettura della Università di Bologna affidandogli il compito di designare gli altri membri della commissione di concorso che dovrà dare esecuzione al giudicato; b) che a seguito della ristrutturazione successiva alla Legge 240 del 2010, non esiste più una Facoltà di Architettura a Bologna, essendo l’Ateneo strutturato per dipartimenti; c) che il Direttore del dipartimento di Architettura ha fatto presente di essere professore ordinario in un settore che è non solo diverso, ma nemmeno affine a quello previsto dalla procedura concorsuale da portare a termine; tutto ciò premesso l’Intestata chiede chiarimenti in merito alla esecuzione della sentenza ponendo il quesito se il Direttore del dipartimento di Architettura possa comunque svolgere il duplice incarico di commissario della commissione e commissario ad acta o debba essere sostituito.

E’ stata depositata una mail della Università di Bologna nella quale si individuano altre figure interne che per il settore scientifico di appartenenza potrebbero svolgere il munus di cui si discute.

Ritiene il Collegio che il Presidente della Commissione anche al fine di svolgere proficuamente le funzioni di garante della esecuzione del giudicato debba essere professore appartenente ad un settore scientifico congruente con la procedura di svolgere."

Il Tar, a questo punto, confermava quale Presidente della commissione di concorso, nonché commissario ad acta, lo stesso docente ex Preside della Facoltà di Architettura precedentemente designato.

E siamo così all'oggi. Quest’ultimo, qualche giorno fa, ha fatto sapere di rinunciare all’incarico, inviando al Tar una comunicazione. Si può leggere infatti nel documento intestato "Dipartimento di Architettura - Università di Bologna: "per precedenti impegni accademici e istituzionali ai quali si sono aggiunti gravosi impegni familiari mi vedo costretto a rinunciare alla nomina assegnatami".

Non sono a noi noti altri casi del genere, cioè di rinuncia dell'incarico da parte del commissario nominato dai giudici amministrativi. Certo è che, se ci rifacciamo al regolamento che norma l'attività dei membri della commissione (e il commissario ad acta era anche presidente della commissione incaricata, per quanto stabilito dalle due sentenze), l’art. 3, comma 12, del DPR 117/2000 prescrive che gli eventuali sopravvenuti impedimenti debbano essere "adeguatamente motivati e documentati". E non ci pare che, in questo caso, per quanto ne sappiamo, la regola sia stata rispettata. A questo punto non rimane che attendere la decisione del Tar e, immaginiamo, una nuova nomina.

Viene da pensare e c'è molto da riflettere se, dopo un lungo procedimento giudiziario, dopo commissioni che continuano imperterrite a non rispettare le sentenze della magistratura, si arriva addirittura alla rinuncia da parte dello stesso commissario ad acta che avrebbe dovuto nominare una commissione che valutasse con obiettività i candidati. Forse questa procedura non può e non deve dare un esito diverso da quello che era stato predeterminato?

Che dire? Dopo la vicenda della sentenza del Consiglio di Stato che, in sostanza, esautorava le commissioni dei docenti per eccessiva elusione del giudicato e ordinava al Miur di riconoscere l'idoneità Asn ad una docente dell'ateneo di Messina, forse sarebbe il caso di iniziare a prevedere, anche per casi di concorsi locali con commissioni inadempienti o che continuano a dichiarare imperterrite gli stessi vincitori al di là delle stesse sentenze, che possano essere i giudici stessi a dichiarare vincitore un candidato vittima di continue "ritorsioni da accanimento accademico". Non per mettere in discussione la discrezionalità delle commissioni, legittima anzi imprescindibile quando usata in modo serio e corretto, ma per sottolineare e porre fine al perseverare degli abusi in una stessa procedura.

Per il resto, al collega Bulleri, non rimane che attendere, come sempre, non i posteri ma i giudici per l'ardua sentenza.


Leggi l'articolo di Repubblica del 7 maggio 2018

Leggi la sentenza del Tar Toscana del 25 ottobre 2019

Leggi la sentenza per l'ottemperanza del giudicato del Tar Toscana (3 marzo 2019)




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