Il ranking della rivista specializzata in temi universitari “Times Higher Education” ha confermato di recente l’Università La Sapienza di Roma tra le prime posizioni nella classifica nazionale e in discreta posizione sul piano internazionale.
Purtroppo a noi risulta che “La Sapienza” abbia anche dei primati molto meno prestigiosi, anzi piuttosto imbarazzanti.
Senza stare a rivangare la storia della ricercatrice risarcita di 257 mila euro per i danni economici e morali a lei inferti per un concorso irregolare al ruolo di professore associato, dopo 5 ricorsi (2 al Tar e 3 al CdS) e 28 anni di attesa.
Senza voler rimarcare il caso di incandidabilità in un bando di concorso per un posto di professore associato al Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente nel quale, mentre la procedura era «riservata agli esterni» cioè a candidati in nessun rapporto di dipendenza o di lavoro occasionale o a tempo determinato con l’ateneo, in realtà alla fine è stata vinta proprio da un candidato interno, con relativo ricorso al Tar della controparte.
Senza richiamare l’incredibile vicenda del nostro collega di “Trasparenza e Merito”, Antonio Zuorro che ha vinto un regolare concorso per ricercatore nel lontano 2017 e che, nonostante la recente sentenza del Tar a lui favorevole che dispone il suo reintegro, dopo più di due anni non è ancora stato chiamato in servizio.
Senza sottilizzare troppo sul caso di Medicina del lavoro dove in corsa per un posto da professore ordinario c’era anche il Direttore del Dipartimento dell'Inail che stanziava i soldi per la stessa docenza, con la violazione della normativa dell’Anac secondo cui ”i commissari devono indicare ogni rapporto intercorso o in essere con l'esaminando".
Senza ingigantire in modo particolare la notizia secondo cui l’attuale rettore Gaudio sia indagato nell’inchiesta “Università bandita” sui concorsi pilotati all’ateneo di Catania. Stando alle intercettazioni dell’ordinanza dei giudici, infatti, il rettore si sarebbe interessato per un concorso per il ruolo di ordinario nel settore Anatomia del dipartimento di Scienze biomediche per la figlia di Vincenzo D’Agata, già procuratore della Repubblica di Catania.
Purtroppo, al netto di tutto ciò, l’ateneo romano non è affatto nuovo a forme più o meno diffuse di opacità e mancata trasparenza ai concorsi.
Un ultimo recentissimo caso segnalatoci da un nostro collega iscritto all’associazione riguarda, in particolare, l’eccesso di potere e il conflitto d’interessi ex art. 35, comma 3, lettera e del disegno di legge 165/2001, del quale abbiamo già parlato in un altro comunicato.
Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa «le cause d’incompatibilità sancite dall’art. 51, c.p.c., sono estensibili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell’azione amministrativa» (Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2014, n. 3856). Ancor più chiaro è il decreto del Presidente della Repubblica 62/2013 quando specifica gli obblighi dei dipendenti della Pubblica Amministrazione: «Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali (…) Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali» (art. 6, co. 2); «Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri (…). Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza» (art. 7, co. 1)».
In questo caso, il direttore del Dipartimento di Architettura, con decreto direttoriale (D.D.. n. 295 del 28 febbraio 2017), ha emanato un bando per ricercatore (tipo "a") per il settore ICAR/14, Progettazione architettonica e urbana. Ha poi seguito la procedura come presidente della commissione giudicatrice e, infine, come direttore di Dipartimento ha approvato i suoi stessi atti. Il caso era già stato segnalato in una lettera dell’Osservatorio indipendente sui concorsi universitari nel luglio dello scorso anno (che alleghiamo), nella quale era evidenziato proprio il conflitto d’interessi e la coincidenza tra la figura del controllante e del controllato. Il direttore di dipartimento, infatti, è una figura riconosciuta come organo di governo e controllo.
Segnaliamo gli sviluppi o meglio il silenzio dell'ateneo che continua ad oggi. La precedente lettera dell’Oicu non ha mai ricevuto una risposta formale, ma non l’ha ricevuta neppure l’istanza di annullamento in autotutela inviata da un candidato al rettore. Anzi, a dire il vero, la risposta, ovviamente di rigetto della segnalazione, il candidato l’ha avuta, in “persona personalmente” - come dice nel telefilm l’aiutante del Commissario Montalbano - udite udite, dal direttore del Dipartimento.
Tutto questo è avvenuto nel completo disinteresse di ogni norma di legge e del recente atto di indirizzo del Miur sul Piano Anac.
Da parte nostra non possiamo far altro che continuare a segnalare incessantemente all’opinione pubblica queste azioni, nella speranza che chi di dovere - forse il Miur? - prima o poi intervenga a ristabilire un minimo di giustizia e correttezza nelle procedure del reclutamento universitario. La speranza, come si dice - e speriamo possa valere anche per il mondo universitario - è l'ultima a morire.
Leggi la lettera di segnalazione dell'Oicu del 15 luglio 2018
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