Clamoroso: la nota ministeriale di novembre si pone in aperto contrasto con le sentenze della giustizia amministrativa.
Come ricorderete "Trasparenza e merito" ha già segnalato , recentemente, tre casi (Università di Pisa, Firenze e Roma La Sapienza) in cui il candidato poi risultato vincitore della procedura di concorso era incandidabile e quindi non avrebbe dovuto essere ammesso, per legge e per bando, alla selezione pubblica. Siccome alcuni dei nostri iscritti si sono rivolti all'Associazione, dopo aver fatto alcune diffide in autotutela con istanza di annullamento degli atti, e dopo le lettere altresì inviate da "Osservatorio indipendente sui concorsi universitari" ai rispettivi atenei e al Miur, le risposte dei Rettori continuano ad essere del tenore "è tutto regolare", negando le richieste legittimamente fatte, appare opportuno dire una parola chiara su questa vicenda.
Il diniego delle richiesta di annullamento dei concorsi si appoggerebbe, secondo gli atenei che confermerebbero la regolarità degli esiti delle procedure concorsuali oggetto di contenzioso, sul fatto che l'incandidabilità del vincitore non sarebbe tale perché l'Università ritiene che «L’art. 23, comma 4 della legge 240/2010, così come modificato dalla legge 232/2016, stabilisce che la stipulazione dei contratti per attività di insegnamento non debba essere computata nell’ambito dell’utilizzo di risorse di cui all’art. 18, comma 4 della stessa legge. Pertanto questo ateneo, nel valutare le domande dei candidati, (…) si è strettamente attenuto a quanto previsto dalla suddetta norma».
L'infondatezza giuridica della motivazione addotta appare oltremodo evidente e oggettiva. Tutte le sentenze della giustizia amministrativa (a questo proposito si rimanda alle lettere già pubblicate su questo sito) che si sono finora espresse su casi simili sono concordi nel ritenere che l'attività di insegnamento prestata nella stessa università, in qualità di professore a contratto, deve considerarsi ostativa alla partecipazione alle selezioni indette ai sensi dell’art. 18, comma 4 della Legge Gelmini. Inoltre, è stato più volte chiarito dai Tar come le modifiche introdotte dall’emendamento c.d. Ghizzoni all’art.23 abbiano solo valenza finanziaria e non abbiano in alcun modo toccato o modificato l'articolo di legge. A queste decisioni è giunto, di recente, il conforto giuridico (benché provvisorio, in attesa di ulteriori conferme definitive) del Consiglio di Stato (sez. VI), ord. n. 1173/2018 che ha confermato il chiaro indirizzo pre-emendamento). Ragion per cui, allo stato attuale della giurisprudenza, gli atenei non possono in alcun modo convalidare decisioni prese in contrasto con il dettato normativo. A questo proposito preme qui sottolineare l'incongruenza di una recente incauta nota ministeriale (prot. n. 15317 del 07.11.2018) che si avventura nel terreno interpretativo della norma non tenendo minimamente in considerazione le sentenze della giustizia amministrativa italiana. Nella fattispecie, in chiaro contrasto con la disposizione di legge e l’orientamento giurisprudenziale, il Miur avrebbe chiarito che "La modifica dell'art. 23, comma 4, della Legge n. 240/2010 (…) non può che significare che la categoria ivi contemplata (contrattisti ex art. 23 Legge 240/2010) possa partecipare alle procedure di cui all'art. 18, comma 4".
E' bene ricordare agli Atenei e al Miur che note e atti simili non esplicano alcun effetto vincolante non solo per il giudice ma neanche per gli stessi destinatari perché non possono comunque porsi in contrasto con l'evidenza del fatto normativo. In definitiva, non esistono interpretazioni che possano discostarsi dalle chiare pronunce sull'incompatibilità stabilite dai giudici e non possono essere valide interpretazioni estensive della norma se non previste dal bando. Resta fermo dunque quanto sottolineato nella lettera indirizzata a tutti gli interlocutori sopra richiamati e resa pubblica , in più di una occasione, sul nostro sito, a disposizione di tutti gli studiosi e i cittadini che credono nel rispetto della normativa e della legislazione italiana attualmente in vigore. Ci riserviamo, visto il reiterato comportamento di violazione della legge e di omissione di controllo, di segnalare tutto con un esposto all'autorità giudiziaria.
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