Quello che emerge dalle inchieste di Firenze e ora nell'Umbria è qualcosa che noi di "Trasparenza e merito" sosteniamo da tempo, per la verità in solitudine e accusati all'inizio di giustizialismo o peggio di disfattismo: i concorsi nelle università e nei policlinici sono quasi tutti già predeterminati. Nessuno si scandalizzi.
E' non è affatto una novità. In un lontano articolo pubblicato su "La Stampa" del 2007 dal titolo - non chiaro ma chiarissimo - "Le università della mala vita" (nella fattispecie si riferiva ad alcune inchieste che avevano messo in luce negli atenei di Messina, Catanzaro e Bari, intrecci tra mondo della criminalità, logge massoniche e familismo cattedratico accademico), il giornalista chiudeva il pezzo in questo modo: "Le testimonianze in accumulo sui blog ci raccontano che le porcate sono avvenute in ogni ateneo". Era un articolo coraggioso in un'epoca quasi neolitica, quando ancora nessuno osava neppure lontanamente accostare le parole "illecito", "abuso", "irregolarità" ai termini "docente universitario" e "mondo accademico".
In Umbria i magistrati parlano oggi chiaramente di un «sodalizio criminoso» in grado di piegare «stabilmente lo svolgimento di pubbliche funzioni al perseguimento di interessi privati». Un «sistema» che se in un anno è stato in grado di truccare otto concorsi pubblici allora ragionevolmente, secondo gli investigatori della guardia di finanza, ne può aver piegati alle proprie esigenze tanti altri.
Lo stesso metodo è emerso dalle inchieste della Procura di Firenze a proposito dell'Università, sia per quanto riguardava la procedura Asn nel settore di Diritto tributario, in cui tutto era deciso a tavolino, sia per quanto riguardava i concorsi locali a Medicina.
Come abbiamo spiegato in un precedente comunicato, e come dimostrano incontrovertibilmente i dati, negli ultimi anni c'è stato un picco di crescita esponenziale (circa il 40%) dei ricorsi alla giustizia amministrativa in materia di concorsi universitari e in particolare dei ricorsi accolti. Questo significa che coloro che fanno parte del mondo accademico iniziano a rendersi conto che non sono affatto tutte rose e fiori e che il destino di ogni singolo studioso non è certo affidato alle proprie capacità e al merito. Anzi, tutt'altro.
Il palese aggiramento delle regole, la prassi di non rispettare i bandi, di violare i criteri stessi che la commissione si dà al concorso, insieme alla denuncia pubblica portata avanti a gran voce dalla nostra associazione, ha comportato un aumento enorme dei candidati disposti a fare contenzioso con gli atenei, instaurando una sorta di circolo virtuoso che permette di passare dalle segnalazioni per l'annullamento o la modifica di bandi troppo specifici, i cosiddetti bandi profilati o sartoriali o "fotografia", fino al deposito dei ricorsi dopo l'accesso agli atti , per giungere anche, nel caso di palesi illeciti, all'esposto e alla denuncia in procura.
Ultimo caso recentissimo in ordine di tempo all'Università di Brescia, ma solo uno dei tantissimi in giro per gli atenei d'Italia (come dimostrano le segnalazioni continue e crescenti all'indirizzo mail trasparenzaemerito@gmail.com ), come emerge da un articolo di oggi sul "Giornale di Brescia" dal titolo emblematico "Il Tar bacchetta Uni Brescia: bando non trasparente".
In una ordinanza il Tar di Brescia contesta all'ateneo l'assegnazione di una borsa di studio. Si possono leggere nel testo dei giudici frasi che non ci meravigliano affatto e che, in più di una occasione e per più casi, abbiamo fatto presente alle istituzioni preposte ai controlli, cioè a dire agli uffici del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca:
"Appare irrituale la fissazione dei criteri in una fase temporale successiva alla conoscenza dei nominativi dei partecipanti al concorso e dei titoli in loro possesso (...) In un ateneo di non rilevanti dimensioni alimenta il sospetto di una possibile conoscenza di fatto dei titoli dei singoli aspiranti assegnatari" e ancora "non risultano verbalizzate le modalità di presa visione delle candidature, tali da escludere la preventiva conoscenza dei titoli degli aspiranti assegnatari della borsa di studio, e già questa circostanza insinua dubbi sul rispetto del principi di imparzialità" e infine "La fissazione a posteriori lede in modo evidente il principio di trasparenza, ed è suscettibile di ripercuotersi sull'intera procedura intrapresa".
I giudici hanno deciso, nell'ordinanza, di non annullare il concorso perché la borsa di studio era giunta già a metà del percorso ma hanno dato chiari riferimenti a quello che sarà poi l'appello nel merito fissato.
Come ben capite, di fronte a intercettazioni di questo tenore, di fronte a ordinanze e sentenze di questo genere, e di fronte alle prime condanne penali per commissioni che hanno commesso irregolarità ai concorsi, il quadro dello stato di salute dell'università e dei policlinici italiani è assolutamente sconfortante. Soprattutto perché le denunce delle irregolarità sono ancora poche, per colpa delle ritorsioni che subisce nell'ambiente chi denuncia (e di una mancanza di una legislazione a tutela del cosiddetto "whistleblower"), e rappresentano solo la punta dell'iceberg di un sistema ben più diffuso e consolidato.
L'unico dato confortante è invece l'aumento delle iscrizioni a "Trasparenza e merito", che ha superato da tempo i 320 membri, e che ha avuto un aumento dei sostenitori e dei simpatizzanti con una valanga di adesioni in rete. Il che la dice lunga sul fatto che la speranza di poter cambiare veramente i meccanismi di reclutamento negli atenei, nonostante tutto, è ancora viva.
Leggi l'articolo sul "Giornale di Brescia" del 19 aprile 2019
Leggi l'ordinanza del Tar Brescia del 18 aprile 2019
Leggi l'articolo sul "Messaggero" del 19 aprile 2019
Leggi l'articolo su "La Stampa" del 15 settembre 2007
Comments