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Il delirio d'impunità, lo sberleffo dei Rettori alla magistratura e il silenzio della politica

A Catania l'ex Rettore Francesco Basile, imputato al processo di “Università bandita”, nel disprezzo più assoluto dell'azione della magistratura, viene nominato presidente della società italiana di chirurgia. A sua volta sottoposto a richiesta di rinviato a giudizio da parte della Procura, per un concorso irregolare, il Rettore di Firenze Luigi Dei qualche giorno fa, in un comunicato inviato ai colleghi docenti, ha fatto il plauso del Direttore Generale dell'Azienda ospedaliera universitaria, Rocco Damone, a sua volta indagato ma riconfermato in carica per un nuovo triennio dal Presidente della Regione Toscana Giani, e dell'ex Prorettore Bechi, anch'egli plurindagato.


La credibilità (o meno) di un Paese e delle sue istituzioni è data dalla credibilità (o meno) di chi le rappresenta. Sulle principali testate internazionali e nazionali, giorni fa, abbiamo letto la notizia delle volontarie (o indotte) dimissioni del Ministro del Lavoro della Famiglia e della Gioventù austriaca, Christine Aschbacher, in seguito alle accuse di plagio su alcuni lavori accademici a cominciare dalla tesi di laurea. La ministra, 37 anni, è accusata di plagio, citazioni scorrette e scarsa conoscenza della lingua tedesca nella sua tesi di laurea. In realtà episodi simili avevano già visto nel 2013 le dimissioni del Ministro dell’Istruzione e della Ricerca Scientifica in Germania, Annette Schavan, accusata di aver copiato in parte la tesi di dottorato e ancora prima nel 2011 del Ministro questa volta della Difesa, accusato di aver copiato la tesi di dottorato in Filosofia, costretto a dimettersi con ammenda pecuniaria e perdita del dottorato. A quanto pare, in questi paesi, il decoro e la dignità dell'istituzione universitaria rappresentano quelli della stessa Nazione.

Di tutt’altro tenore e comportamento appaiono, invece, gli atteggiamenti e le risoluzioni adottate di fronte ad episodi in parte sovrapponibili, quando invece sono stati interessati l'Università e i ministri della italica Repubblica. Tutti ricorderanno, infatti, le notizie inerenti episodi di plagio riguardanti l’ex-Ministra della Funzione Pubblica Madia, o i fantomatici titoli accademici utilizzati per “gonfiare” i curricula di importanti esponenti di governo, che hanno visto coinvolti l’allora Ministra della Pubblica Istruzione Fedeli (mai approdata alla sudata laurea), fino alle più recenti attribuzioni accademiche in campo giuridico dell’attuale Presidente del Consiglio Conte, accreditatosi di prestigiose frequentazioni ufficiali presso NYU, Sorbona, Malta e Vienna, smentite da un elenco di “non risulta” e “non verificabile” (si veda “la Repubblica”, 22 maggio 2018). Spostandosi in ambito universitario, come dimenticare, per la dantesca legge del contrappasso, la storia del Professor Paolo Miccoli, in fuga per le strade della Capitale, braccato dalle Iene che cercavano di sottoporgli imbarazzanti domande sui copia-e-incolla presenti nel documento programmatico che gli era valso nientemeno che il posto di Presidente dell'Anvur, per la bella cifra di 210 mila euro annui?

L’italico andazzo, contrapposto al rigore teutonico, di sottovalutare comportamenti indicativi di superficialità, o peggio di spregiudicatezza, è ormai così noto e diffuso da tempo immemorabile, tanto è vero che c'è perfino chi lo giustifica in nome del machiavellico fine che giustifica i mezzi, consentendo dunque riprovevoli episodi da parte di coloro a quali affidiamo - ahi noi, cari cittadini - le sorti della “res publica”.

Al centro di episodi poco edificanti che minano alle fondamenta la credibilità di importanti istituzioni non c’è dunque solo la politica, da sempre ammiccante più al consenso che non al sapere e alla trasparenza, ma anche istituzioni nelle quali cultura, scienza e meritocrazia dovrebbero rappresentare l'elemento distintivo, il cuore pulsante della propria attività, ovvero l’Università. In questa importante istituzione, che dovrebbe essere centrale per lo sviluppo e la formazione di una società civile e, mai come in questo periodo di emergenza sanitaria, anche esiziale per la possibilità che i suoi rappresentanti in campo scientifico avrebbero potuto avere nello sviluppare conoscenze e strategie epidemiologiche e terapeutiche, atte a combattere la micidiale pandemia in corso, fatti recenti hanno pesantemente messo in discussione la sua credibilità morale, oltre che scientifica, da tempo minata da atteggiamenti di suoi importanti rappresentanti talora avvezzi ad operare al di là delle regole e in barba ai principi di legalità e trasparenza.

I fatti di questi ultimi mesi inducono a pensare che il mondo accademico oggi si trinceri sempre più in un sistema autoreferenziale, una sorta di fortino asserragliato, che non gradisce intrusioni di alcun tipo, da parte della cittadinanza o dei “media”, e meno che mai della magistratura. In poche parole, è la stessa identica modalità che accade nella politica e nella classe dirigente, sempre più convinta che scorciatoie e escamotage per aggirare leggi e “lacciuoli” siano necessari per “non bloccare il paese e costruire un futuro di benessere e prosperità”.

Le incredibili vicende dell’affaire Suarez, andato di recente in scena all’Università per stranieri di Perugia, sono paradigmatiche della situazione di malessere e corruzione in cui versa la nostra Università. Lo scandalo vero non è da ricercarsi soltanto nell’aver “truccato” l’ennesimo esame universitario, sia pure a favore di un personaggio ricco e famoso (episodi del genere avvengono purtroppo tutti i giorni in molti settori della pubblica amministrazione, dalle patenti di guida alle pratiche per la licenza di una attività commerciale), ma soprattutto nel fatto che centinaia di concorsi universitari per posizioni chiave nella gestione non solo culturale di un paese vengano truccati senza che nessuno o quasi riesca ad intervenire o per lo meno a rendersi conto del grave danno economico, culturale ed etico che ciò comporta. Nel caso in questione, aggravante ulteriore è risultato il comportamento degli organi accademici, responsabili di tale inganno, in particolare della Rettrice dell’Università, Giuliana Grego Bolli, che in un primo momento, traendo le dovute conseguenze dalle inequivocabili risultanze di intercettazioni e testimonianze si è dimessa, salvo favorire indirettamente una normativa che raddoppia la durata del mandato rettorale, da tre a sei anni e la governance di una facoltà travolta da debiti e scandali e con un Direttore Generale, che pur sospeso dalla procura, continua bellamente a rimanere al suo posto.

Nulla di nuovo rispetto all’atteggiamento di molti Rettori e Direttori di Dipartimento che sordi alle sentenze della Magistratura Amministrativa e Ordinaria, quando in modo più arrogante e scurrile, quando in modo più felpato ma altrettanto illegale, perseguono il loro obiettivo di offrire una strenua resistenza nell’applicare sentenze atte a riportare trasparenza e meritocrazia all'Università.

Che credibilità può avere, infatti, una istituzione come l’Ateneo di Firenze (al centro di pesanti indagini su abilitazioni truccate in campo giuridico dei tributaristi e nella “cattedropoli” di medicina, con decine di indagati e concorsi sub judice!) se rappresentato da un Rettore, sottoposto a richiesta di rinvio a giudizio per abuso di ufficio da parte della Procura (avendo confermato come vincitore, secondo quanto risulta al momento dalle carte dei tribunali, un candidato che in base alla legge Gelmini non aveva titolo a partecipare) che anziché dimettersi per fare in modo che il giudizio sereno della magistratura possa fugare eventuali dubbi, va in televisione ventilando costituzioni di parte civile in alcune procedure giudiziarie, salvo unilateralmente rimangiarsi la parola, smentendo se stesso e l'istituzione stessa che rappresenta. Un Rettore che, come è accaduto alcuni giorni fa, anziché rimanere in rispettoso silenzio, attendendo l'esito del processo, scrive un comunicato ai docenti nel quale saluta con sperticati elogi la riconferma da parte del Governatore della Regione Toscana Giani del Direttore Generale di una delle più importanti Aziende Ospedaliero Universitarie nazionali, quella di Careggi a Firenze, (direttore con un passato da militante di Prima Linea, cioè un “top manager pubblico” con stipendio statale da centinaia di migliaia di euro che un tempo combatteva quello Stato che oggi lo paga profumatamente), coinvolto e indagato in una ennesima “combine” concorsuale, insieme con l'ex-prorettore Bechi, plurindagato e sottoposto a richiesta di rinvio a giudizio per reati gravi contro la pubblica amministrazione. Si tratta di elogi inqualificabili e ingiustificabili (“il miglior DG che Careggi abbia mai avuto”) verso persone che, ferma restando la non colpevolezza fino a sentenza, ascoltate le intercettazioni riportate testualmente sui quotidiani, fanno rabbrividire e indignare la cittadinanza per l'uso inappropriato e illegale di danaro pubblico, impedendo di fatto ai migliori candidati di vincere e che, usando le parole degli inquirenti, “turbavano il procedimento amministrativo in combutta con altri in numero maggiore di cinque per creare un sistema capace di condizionare non uno ma tutti i concorsi universitari in un Dipartimento di medicina”.

O per citare un altro clamoroso caso, quale credibilità può dunque avere una Società Scientifica come la Società Italiana di Chirurgia che, di fronte ai colleghi dell’American College of Surgeons, ha eletto come Presidente a larghissima maggioranza un Rettore, professore ordinario di Medicina (molti rettori in Italia provengono da Medicina perché rappresenta in Ateneo la facoltà più ambita, ricca e con il maggior numero di accademici anche grazie alla proliferazione di cattedre e posti di potere in grado di condizionare pesantemente ogni elezione!), indagato e sottoposto a richiesta di rinvio a giudizio per vari reati commessi in qualità di promotore/capo di “una associazione a delinquere accademica” (definizione della Procura) che riusciva a pilotare e condizionare tutti i concorsi, almeno secondo le attuali risultanze della indagine “Università Bandita” sull'ateneo di Catania. Un mondo, quello emerso dalle procedure concorsuali prese in esame, definito “squallido e desolante” dallo stesso Procuratore Capo Zuccaro.

Purtroppo, stando alle notizie provenienti da Firenze e Catania, siamo alla dichiarazione aperta di ostilità nei confronti della magistratura e alla sicurezza di impunità. Si ha la sensazione di pesanti coperture politiche in alto, che inducono certi soggetti ad esprimersi in questi termini, cioè affermando prepotentemente e pubblicamente non la loro innocenza ma quasi la volontà di porsi al di sopra della legge.

Quello che appare ancor più sconcertante è l’assordante silenzio generale delle istituzioni e delle forze politiche, ma anche di personalità del mondo giornalistico, della società civile e della stessa Università, che pure ha in alcuni (una sparuta minoranza, purtroppo) il seme della legalità e della meritocrazia.



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