L'Università di Perugia, fondata nel 1308 una delle più antiche al mondo: sospesa dal Senato accademico la nomina di un ricercatore di Diritto privato, segnalate "anomalie" nel bando e "assenza di requisiti".
Scrive Virginia della Sala nel "Fatto quotidiano" del 25 giugno 2019:
"Parliamo di un bando per un posto di ricercatore di tipo "b" in Diritto privato. E' uno di quei posti che, dopo tre anni e l'abilitazione scientifica nazionale, permette di diventare professore associato e quindi è fra i più ambiti per chi vuole fare carriera universitaria. L'avviso per la selezione, ad agosto 2018, è così dettagliato che il sito dell'Associazione "Trasparenza e Merito" www.trasparenzaemerigo.org segnala l'anomalia dei requisiti, ritenuti troppo stringenti e legati a una profilatura specifica. Insieme a "Osservatorio indipendente sui concorsi universitari" lo segnala con una lettera al rettore, al direttore del dipartimento di Giurisprudenza, al ministro dell'Istruzione e all'Autorità anti-corruzione (Anac). Ci sono diversi problemi: il ritardo o la mancata pubblicazione dei verbali del concorso, l'eccessiva specificità del titolo, la dettagliata descrizione sintetica, la conoscenza della lingua tedesca come requisito. Così, alla gara partecipa un solo candidato. "Fin qui nulla di irregolare - spiega Trasparenza e merito - solo l'amara constatazione che, a fronte di una nuvola di abilitati nel settore, il bando disincentivasse la partecipazione".
Il candidato viene prima ammesso alla discussione dei titoli e delle pubblicazioni. Non ha l'abilitazione nazionale né assegni di ricerca o borse post-dottorato. Vince. Ma al momento della verifica dell'autocertificazione e delle documentazioni presentate, gli uffici vanno in difficoltà. I requisiti non rispondono ai canoni richiesti. Da lì rallentamenti, verifiche, addirittura la riconvocazione della commissione e nuovi verbali. Infine la conferma dell'assegnazione del posto. Ma quando il decreto rettorale arriva al senato accademico che deve approvarlo, infatti, si arena perché i docenti non sono convinti. Gli atti un mese fa sono stati mandati all'avvocatura dello Stato e da allora si attende."
Questa la descrizione esatta dei fatti, fornita dal "Fatto". Adesso cosa succede? Beh, in un paese civile accadrebbe che il Miur interviene inviando gli ispettori per fare chiarezza su ogni minimo aspetto di questa kafkiana vicenda, sanzionando in termini economici e di sospensione chi ha sbagliato (e attenzionando l'ateneo che si macchia di gravi irregolarità come questa), per una questione, appunto, di censura pubblica; l'Anac, nella sua funzione di anti-corruzione, fornisce un parere dettagliato e mette il carico girando tutto alla procura di competenza, la quale prontamente inizia le indagini e individua i responsabili, i quali - se ne sussistono gli elementi - pagano in termini di condanna penale. Ma questo accadrebbe, appunto, in un paese civile.
Noi di "Trasparenza e merito" continuiamo a segnalare e a denunciare pubblicamente e alle autorità competenti casi gravi come e perfino più di questo. Aneliamo al paese civile che, purtroppo, non c'è. Ma non demordiamo, lentamente cominciamo a crederci e i primi risultati, oggettivamente, iniziano a vedersi. Speriamo solo di essere sempre di più a credere nella possibilità di una università migliore, l'Università che vogliamo.
Leggi l'articolo cartaceo integrale sul "Fatto quotidiano" del 25 giugno 2019

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