Il cavallo di Caligola dell’università se la ride: ma ride bene chi ride ultimo…
La notizia è ghiotta. “Non veniamocela a raccontare. Così anche un cavallo può diventare professore ordinario”, dice il docente al telefono. E ancora: “Il Bruschi mi disse che quel posto era per Maria”.
La notizia non è che il cavallo, o meglio la cavalla, abbia vinto il posto da ordinario nel concorso truccato, uno dei tanti, in Chirurgia plastica all’Università di Torino. Infatti gli inquirenti parlano, come in tante altre inchieste delle procure negli atenei italiani (vedi Catania, Firenze, Perugia, eccetera) di “un sistema consolidato e collaudato nel tempo”.
A proposito i giudici scrivono nella sentenza di condanna: “Tutti erano perfettamente a conoscenza dei meccanismi, ne hanno alimentato l’esistenza e si sono mossi con estrema disinvoltura all’interno degli stessi…La candidata si muove come se fosse lei stessa l’organizzatrice del concorso, in alcuni casi è parso addirittura che lei stimolasse e guidasse Bruschi….Si adopera a compilare la modulistica relativa alla nomina dei commissari”. Chiedeva di inviare delle e-mail ai commissari, di capire se avevano i requisiti, stabilire i criteri di valutazioni orientare per favorirla.
La notizia, dicevamo, non è dunque che negli atenei italiani si truccano i concorsi e che vince sempre (o quasi, diciamo nel 95% dei casi) il candidato prescelto prima della valutazione. Questo ormai, anche grazie alla nostra costante attività di denuncia pubblica, lo sapete già. Del caso avevamo già parlato, infatti, in uno scorso comunicato.
La notizia è che stavolta, con processo abbreviato, sono arrivate le condanne di candidata vincitrice illegittima, Maria Alessandra Boccioli (a 6 mesi), e commissario, Stefano Bruschi (a 4 mesi). A denunciarli il candidato penalizzato ingiustamente di nome Marco Fraccalvieri.
A divulgare la notizia è un articolo de "La Stampa" firmato da Irene Famà e intitolato "Il concorso truccato per la figlia del primario: così anche un cavallo può diventare prof".
Leggi l'articolo su "La Stampa" del 31 luglio 2021
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